• 19/08/2016 alle 11:20

    Che importanza hanno i linfonodi? A che cosa servono? Nel contesto del cancro al seno la medicina ufficiale elimina spesso chirurgicamente i linfonodi ascellari alle donne. Che cosa significa?

    Fondamentalmente bisogna differenziare tra due tipi di linfonodi.

    Hamer: I linfonodi ed il loro significato

    I linfonodi ascellari per esempio sono secondo la medicina ufficiale un capitolo importante nel contesto del cancro al seno femminile.

    Nella Nuova Medicina Germanica® invece sono di importanza marginale. Ma ne parleremo adesso.

    Hamer: I linfonodi ed il loro significato

    I linfonodi si trovano fondamentalmente nella zona di deflusso del seno femminile ma naturalmente anche nella zona di deflusso del braccio.

    Se a causa di un processo di guarigione ci sono processi metabolici imponenti nel seno o nel braccio i linfonodi responsabili normalmente si gonfiano.

    Il medico di medicina ufficiale lo chiama un gonfiore benigno.

    Non avviene nessun aumento di cellule all’interno del linfonodo ma solamente un’edema.

    La medicina ufficiale per ignoranza definisce un linfonodo “maligno” in tutt’altra situazione.

    Nella fase di conflitto attivo questi linfonodi creano buchi, necrosi; ad ingrandimento assomigliano ad un formaggio svizzero.

    Dal punto di vista evolutivo appartengono alla testa dell’omero o anche al terzo superiore dell’omero.

    Quando i linfonodi dimostrano necrosi vediamo quasi sempre contemporaneamente osteolisi nella parte dello scheletro corrispondente, cioè decalcificazione dell’osso. A livello psichico si tratta di un conflitto di perdita dell’autostima.

    Per restare nell’esempio di prima allora a seconda di quale seno è coinvolto si tratta di una sensazione di inferiorità nella relazione madre/bambino o con il partner.

    Bisogna immaginarlo così:

    Quando per esempio il bambino subisce un incidente, la madre si rimprovera gravemente. Spesso subisce, oltre al conflitto di accudimento madre/bambino, nella destrimane il seno sinistro per cui sviluppa un cancro della ghiandola mammaria, anche un conflitto di crollo dell’autostima: “come ho potuto essere così disattenta, sono stata una cattiva madre.”

    Da questo momento in poi per tutta la durata del conflitto si formano necrosi di decalcificazione, quasi buchi, nell’osso, nella testa dell’omero o anche nella parte superiore dell’omero e contemporaneamente nei linfonodi corrispondenti (cioè più vicini).

    La stessa cosa può verificarsi nell’altra spalla per esempio a causa di un conflitto di accudimento del partner (“o dio, sono stata una cattiva moglie”). Se avviene la conflittolisi, nel nostro caso: il bambino torna in salute e la madre si rende conto che non era stato un suo errore, cioè avviene un ripristino psichico della stima di se nella relazione madre/bambino (o con il partner), allora da questo momento in poi iniziano i processi di guarigione sia nell’osso sia nei linfonodi ascellari corrispondenti.

    L’osso fa edema nella fase di guarigione.

    Il periostio viene stirato e crea dolori. L’articolazione della spalla può gonfiarsi come segno che il liquido edematoso scorre attraverso lo strato di cartilagine nell’articolazione. Le osteolisi tornano a calcificarsi. Di solito a processo terminato l’osso contiene più calcio di prima.

    Anche nei linfonodi si riempiono di nuove cellule le necrosi con evidente gonfiore.

    Questo riempirsi dei buchi con nuove cellule dei linfonodi viene chiamato “maligno” da parte della medicina ufficiale, anche se non è cosi!

    È un processo positivo e bisognerebbe congratularsi con la paziente.

    In nessun caso andrebbero estirpati chirurgicamente questi linfonodi. Solo se il linfonodo è diventato così grosso da creare disturbi meccanici alla paziente o le sembra psichicamente inaccettabile, se ne potrebbe parlare.

    La medicina ufficiale fino ad ora partiva dall’idea che le cellule cancerogene venivano trasportate dal seno nei linfonodi, dove poi impazzivano. Questo però era pura speculazione. Non si è mai trovata una singola cellula della ghiandola mammaria di adenocarcinoma in un linfonodo. Nelle necrosi dei linfonodi, che si erano create nella fase di conflitto attivo, vengono depositate solo cellule tipiche dei linfonodi e questo solo nella fase di soluzione del conflitto/fase di guarigione.

    Per essere chiaro, un’altra volta:

    i linfonodi appartengono all’osso corrispondente. Lo specifico crollo dell’autostima è solo un po’ più leggero di come sarebbe se fosse coinvolto l’osso corrispondente.

    Nella fase di conflitto attivo i linfonodi subiscono come l’osso delle necrosi (buchi).

    Nella fase di guarigione, come buon segno di guarigione, i linfonodi si gonfiano, per riempire di nuovo le necrosi. Perciò una tale linfonodi ha mitosi cellulari e per la medicina ufficiale è “maligno”.

    Un linfonodo benigno è invece quel linfonodo che si trova nella zona di deflusso di un ascesso, è gonfio a causa del eccessivo carico, non ha allora mitosi e viene perciò considerato “benigno”.

    Anche il cosiddetto morbo di Hodgkin è un linfonodo in fase di guarigione, già riempito di nuovo con mitosi e si presenta gonfio.

    Perfino la milza è in fondo solo un linfonodo, anche se un po’ particolare.

    Un conflitto che coinvolge la milza è sempre un conflitto di crollo dell’autostima in senso vasto, a causa di una grande ferita sanguinante: un conflitto di sanguinamento e ferimento. Questo conflitto è da comprendere in senso strettamente biologico.

    In natura questo conflitto è di grandissima importanza, si tratta di vita o di morte. Conflitto di sanguinamento o ferimento significa che l’individuo è ferito, eventualmente anche in modo grave. Sanguina! Perciò questo conflitto è un conflitto biologico di crollo dell’autostima.

    Nell’essere umano un conflitto di sanguinamento o ferimento può già essere causato per esempio da una diagnosi di “cancro del sangue”. O quando vengono somministrate continuamente delle trasfusioni di sangue, possiamo subire una recidiva. Il nostro cervello non è in grado di distinguere tra trasfusioni di sangue e perdite di sangue.

    Anche l’idea che il sangue trasfuso possa essere infettato da AIDS, può causare un conflitto di sanguinamento o ferimento, perfino ogni esame ematico.

    Nella fase di conflitto attivo troviamo necrosi della milza che comporta una trombocitopenia. Immediatamente con la DHS (choc conflittuale), in natura identica ad una ferita gravemente sanguinante, i trombociti si precipitano dalle vie circolatorie nella milza, la quale li raccoglie e deposita. Grazie a questo procedimento non possono verificarsi delle trombosi nei vasi sanguigni. La trombopenia perciò è un provvedimento d’emergenza molto sensato della natura. Per fare più spazio per i trombociti nella milza, risulta una passeggera necrosi della milza.

    Nella fase di guarigione la necrosi si riempie con divisione di cellule (mitosi), che comporta un gonfiore della milza, una cosiddetta splenomegalia, che in parte persiste anche dopo la conclusione del processo. L’esito ha il suo senso in caso di un nuovo conflitto di sanguinamento o ferimento, che la milza ingrandita offre più spazio ad un maggior numero di trombociti.

    Il conflitto di sanguinamento o ferimento è, a quanto mi risulta, uno dei pochi conflitti se no l’unico (eventualmente conflitti dei linfonodi in generale, la milza = linfonodo speciale), nel quale l’organismo mette quasi già in conto una recidiva.

    Il vero senso biologico perciò è probabilmente la prevenzione per un nuovo caso di conflitto di sanguinamento o ferimento.

    A questo punto dovrei nominare anche il cosiddetto linfoma “non Hodgkin”, che in realtà è un carcinoma dell’epitelio pavimentoso dell’arco branchiale già in fase di guarigione. Il contenuto del conflitto è la paura frontale o la paura del cancro.

    Nella fase ca: formazione di ulcere negli antichi archi branchiali, fuori uso, che sono ricoperte di epitelio pavimentoso, a volte con leggeri dolori nella zona del collo.

    Nella fase di guarigione si gonfia la mucosa intorno alle ulcere all’interno degli archi branchiali. Si formano delle cisti che contengono liquido sieroso. Nel mediastino possono arrivare perfino fino al diaframma. Queste cisti vengono allora erroneamente chiamate linfoma centrocistico, centroblastico “non Hodgkin”.

    Ulcera del dotto dell’arco branchiale mediastinale, retro cardiaca (ulcere di epitelio pavimentoso):

    Nella fase di guarigione cisti del dotto dell’arco branchiale. Dopo diverse recidive però indurimento del cosiddetto linfoma centrocistico, centroblastico “non Hodgkin”.

    Allora il cosiddetto linfoma maligno è un gonfiore molto benigno di linfonodi in fase di guarigione.

    Spesso delle cisti dei dotti degli archi branchiali guarite vengono erroneamente ritenutecarcinomi bronchiali a piccole cellule. Secondo la terminologia risultante dai fatti dell’embriologia però il carcinoma bronchiale a piccole cellule è sempre uno stato residuo dopo una guarigione di un’ulcera dell’epitelio pavimentoso dei dotti degli archi branchiali nel mediastino (lo spazio dietro il cuore).

    Nella guarigione delle ulcere di epitelio pavimentoso con l’aiuto di virus avvengono, quando si tratta di organi a forma di tubi (bronchi, arterie o vene coronarie, antichi dotti branchiali o dotti biliari intraepatici), delle occlusioni passeggere di questi dotti a causa del gonfiore.

    Spiegazione: mediastinale = appartenente allo spazio posto dietro il cuore, nel quale si trovano la trachea, l’esofago, l’aorta, i linfonodi para-aortici e periferici, la parte superiore della vena cava , il nervo frenico e i nervi ricorrenti, che sono responsabili per la laringe.

     

     

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