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Juil
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Carla T. Fit. + pesistica
Allenamento a digiuno per dimagrire
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Allenamento a digiuno per dimagrire; • Vantaggi dell’allenamento a digiuno  • Consigli e riflessioni

 

Allenamento a digiuno per dimagrire

Allenamento a digiuno per dimagrire

 

Allenarsi a digiuno comporta una serie di indubbi vantaggi in termini di ossidazione lipidica, derivanti dalle implicazioni metaboliche dell’ipoglicemia mattutina. Non a caso questa tecnica di allenamento viene oggi ampiamente sfruttata per promuovere il dimagrimento inteso come perdita di massa grassa.

 

Vantaggi dell’allenamento a digiuno

 

Correre o pedalare per 30 minuti di prima mattina, dopo il digiuno notturno, è una delle pratiche più in auge per dimagrire. Si ritiene infatti che l’attività aerobica svolta a digiuno permetta di bruciare maggiori quantità di adipe superfluo, innalzando il metabolismo per il resto della giornata e promuovendo il benessere psicofisico.

Al mattino, a causa del lungo digiuno notturno, la glicemia e le scorte di glicogeno sono generalmente inferiori rispetto al resto della giornat. Data la relativa carenza di glucosio nel sangue, allenarsi in queste condizioni promuove un maggiore utilizzo di grassi in termini energetici. Favorevole è anche il quadro ormonale. Esso è caratterizzato da bassi livelli di insulina e da alti livelli di ormoni controinsulari. (adrenalina, noradrenalina, cortisolo, tiroxina, glucagone, ed ormone della crescita).

Tutti questi ormoni favoriscono il dimagrimento stimolando la lipolisi in modo diretto o indiretto. La forte secrezione adrenergica (adrenalina e noradrenalina) registrata nel corso dell’esercizio fisico innalza notevolmente il metabolismo, che permane elevato per un certo periodo anche dopo il termine della sessione di allenamento a digiuno.

L’importante rilascio di endorfine indotto dall’attività fisica è invece potenzialmente utile per promuovere il senso di benessere psicofisico per il resto della giornata.

Consigli e riflessioni

Allenarsi a digiuno, con l’intento di dimagrire, potrebbe condurre ad un eccessivo catabolismo muscolare, poiché in condizioni di ipoglicemia aumenta anche la quota di energia ricavata dagli amminoacidi. Dato che assumere alimenti solidi od un mix proteico attenuerebbe i vantaggi metabolici indotti dal digiuno, per prevenire un eccessivo catabolismo muscolare può essere d’aiuto ingerire qualche compressa di amminoacidi ramificati prima dell’allenamento. Per lo stesso motivo, al fine di evitare un eccessivo catabolismo proteico, è bene non prolungare l’aerobica a digiuno oltre i 30-40 minuti.

Metodicità ed attenzione

Gli allenamenti a digiuno andrebbero inseriti in un contesto dietetico finalizzato al dimagrimento. L’ideale è abbinare queste sessioni aerobiche ad allenamenti con i pesi (ovviamente in momenti diversi della giornata) incentrati sullo sviluppo della forza. In simili condizioni occorre infatti dare tutto in poche serie, dato che vista la carenza di glicogeno non si possono sostenere sforzi prolungati come quelli tipici delle schede di massa. Attenzione però; ciò non significa che si debba allenare con un alto numero di ripetizioni. Semmai andranno utilizzati carichi impegnativi in perfetto stile “breve ed intenso”.

Non ci si improvvisa

Allenarsi a digiuno aumenta il rischio di crisi ipoglicemiche, specie nei soggetti non allenati o non abituati a svolgere esercizio fisico in tali condizioni. La comparsa di ipoglicemia è segnalata da sintomi come desiderio smodato di cibo. Pallore. Sudorazione fredda: Cefalea e vertigini. Eccessiva irritabilità. Tremore. Agitazione. Difficoltà nella concentrazione e rischio di svenimento. All’insorgere di questi sintomi è bene smettere immediatamente di correre a digiuno; i sintomi saranno quindi risolti assumendo piccole quantità di alimenti ricchi di zuccheri (cioccolatini, destrosio, bevande analcoliche zuccherate, miele, uva passa), seguiti da un pasto più consistente a base di carboidrati complessi (per prevenire l’ipoglicemia reattiva da ingestione copiosa di zuccheri semplici).

Allenamento a digiuno per dimagrire. Allenamento a digiuno per dimagrire.  Allenamento a digiuno per dimagrire.

Un bel caffè a digiuno dà una mano, più un po’ d’acqua

•Assumere un paio di caffè o un integratore termogenico (a base di arancio amaro, sinefrina, mate, guaranà, cola, tè, teina e/o teobromina), prima dell’allenamento a digiuno, è teoricamente utile per esaltarne l’azione lipolitica.
•Prima di iniziare l’allenamento è bene assumere un paio di bicchieri d’acqua. Specie quando non si ha la possibilità di bere durante la sessione allenante.
•Correre a digiuno potrebbe indurre un eccessivo stress anche dal punto di vista psichico. E  specie quando si sacrificano troppe ore di riposo notturno. Per questo motivo, in genere tale pratica si limita a quei brevi periodi di definizione che precedono un set fotografico. Oppure una gara di bodybuilding. O una prova costume. Tutto ciò anche in virtù del fatto che non si tratta di una strategia miracolosa, dato che i vantaggi rispetto all’allenamento tradizionale sono contenuti.

D’altronde, di fronte ad un velocista notiamo un fisico magro e muscoloso nonostante i suoi allenamenti  consumino poco grasso. Questo ci fa capire, nel caso in cui il concetto non fosse ancora chiaro, che l’attività fisica ideale per il dimagrimento non può prescindere da esercizi con pesi e macchine isotoniche ad elevata intensità. E da mixare ai tradizionali ma spesso sopravvalutati allenamenti aerobici, indipendentemente che essi siano svolti o meno a digiuno.

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Carla T. Fit. + pesistica
Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi
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Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi;    E’ da tempo noto come un’attività fisica eccessiva sia strettamente correlata a notevoli effetti negativi, con ripercussioni a volte anche gravi su tutto l’organismo. Molteplici studi hanno evidenziato, invece, come un esercizio fisico adeguato produca rilevanti effetti benefici a livello di vari organi e apparati, quali l’apparato cardio-vascolare, muscolo-scheletrico e gastro-intestinale.

Di seguito verranno analizzati gli effetti negativi e positivi.

Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi

 

Effetti negativi

 

Gli effetti negativi dell’esercizio fisico possono esplicarsi mediante meccanismi inversi che, spesso, si confondono e si sovrappongono tra loro. Tali meccanismi sono rappresentati dalla perdita di peso esercizio-indotta e/o dallo stress metabolico che lo stesso esercizio fisico induce. Questi meccanismi si presentano clinicamente con il quadro clinico dell’amenorrea, cioè con l’assenza di mestruazione spontanee per almeno 3 mesi.

Esercizio Fisico nella donna: effetti positivi e negativi sulla funzione riproduttiva

 

Quando ciò si verifica si parla classicamente di “amenorrea delle atlete”.  Le amenorree delle atlete possono essere classificate in “amenorree primitive”, ovvero quando la donna non presenta la comparsa del menarca (prima mestruazione), e secondarie, nel caso in cui la mestruazione scompaia dopo un periodo più o meno lungo di flussi mestruali spontanei. “L’amenorrea da esercizio fisico”, assieme all’amenorrea da disturbi alimentari (come da bulimia e da anoressia nervosa) fa parte delle amenorree ipotalamiche funzionali. Quest’ultime vanno differenziate dalle amenorree ipotalamiche da causa organica, che comprendono quelle secondarie a patologia tumorale, ischemica o flogistica.

Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi. 

Chi è a rischio

I soggetti particolarmente a rischio per amenorrea da eccessivo esercizio fisico sono soprattutto coloro i quali esercitano sport come nuoto, fitness, danza classica, maratona (…) In queste donne l’amenorrea è dovuta innanzitutto alla riduzione del peso corporeo e all’assenza quasi totale di massa grassa; tali condizioni vengono aggravate, inoltre, dalla riduzione degli introiti calorici da parte degli stessi soggetti.
Un altro importante meccanismo responsabile dell’amenorrea dell’atleta è quello dello stress neuro-endocrino, con conseguente aumento del tono inibitorio sull’ipotalamo da parte dell’ossitocina, serotonina e melatonina, quindi con ridotta secrezione di GnRH.
Il quadro ormonale delle amenorree delle atlete, come quelle delle amenorree ipotalamiche funzionali in genere, appare caratterizzato da un sovvertimento della normale organizzazione ipotalamica, che induce un deficit di funzione dell’asse ipofisi-ovaio.

L’esercizio fisico eccessivo, infatti, viene inteso dall’organismo come una condizione di stress, che influenza la secrezione di modulatori neuro-endocrini con alterazioni importanti sulla liberazione di numerosi fattori, inducendo un ipogonadismo ipogonadotropo.
In particolare, si osserva una riduzione dei livelli di gonadotropine, un aumento dei livelli di prolattina, di GH, di ACTH, dei glucocorticoidi e delle endorfine; si ha, inoltre e in special modo, uno stato di ipoestrogenismo profondo, per scarsa funzionalità ovarica, con ripercussioni importanti sul metabolismo osseo.

I livelli di androgeni liberi sono aumentati in seguito alla condizione di deficit estrogenico e riduzione dei livelli di SHBG. I livelli di TSH, T3 e T4 sono diminuiti. Inoltre, questi soggetti presentano bassi livelli di leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo, che si presenta diminuito per la riduzione della massa grassa. Il perdurare della condizione di stress, infine, comporta l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e conseguenti alti livelli di cortisolo.
Nelle donne con assenza del ciclo mestruale da almeno 3 mesi, dato rilevato dall’accurata anamnesi condotta dallo specialista, bisognerà innanzitutto valutare i livelli di FSH ed estradiolo, per differenziare tra ipogonadismo ipogonadotropo ed ipergonadotropo; nel caso dell’amenorrea delle atlete si avrà uno stato di ipogonadotropismo. Per escludere una condizione di ipotiroidismo o di iperprolattinemia, sarà necessario procedere alla valutazione degli ormoni tiroidei e della prolattina.
(attenzione: le informazioni scientifiche qui di seguito riportate sono da intendersi a solo scopo divulgativo ed informativo)
A questo punto dell’iter diagnostico è indispensabile stabilire se si tratta di un’amenorrea correlata a disfunzioni ipotalamiche oppure ipofisarie. A tale scopo si effettuerà il test di GnRH, con somministrazione in bolo unico o in microinfusione. Nel caso dell’infusione in bolo unico, si infonde il GnRH per endovena alla dose di 100 ug, valutando la risposta delle gonadotropine tramite prelievi ematici eseguiti a distanza di 15 minuti l’uno dall’altro, per 2 ore. Nei soggetti normali i livelli di LH si innalzeranno ai valori massimi a circa 30 minuti dall’inizio del test; i livelli di FSH saranno anch’essi elevati, sebbene in maniera meno marcata rispetto a quelli dell’LH.

Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi

Nel test al GnRH in microinfusione, invece, il GnRH viene somministrato alla dosi di 0,2-0,4 ug/min per 3 ore in endovena, con valutazione della risposta gonadotropinica ogni 15 minuti. Nel caso in cui si osservi assenza di risposta di LH e FSH al test, l’ipogonadismo sarà da ricondurre ad un deficit ipofisario, mentre, nel caso dell’amenorrea delle atlete la risposta al test risulterà normale, trattandosi di patogenesi ipotalamica. Per individuare se l’amenorrea ipotalamica è di tipo funzionale, come quella da esercizio fisico eccessivo, sarà necessario escludere, tramite esami strumentali, possibili cause organiche centrali.
Come ultimo step diagnostico si effettuerà il test al naloxone. Il naloxone è un antagonista selettivo dei peptidi oppioidi, e viene somministrato in endovena in bolo unico alla dose di 2 mg, con determinazione dei livelli di LH ogni 15 minuti per 2 ore. Nelle donne con amenorrea ipotalamica la somministrazione di naloxone comporterà un aumento dei livelli di LH, ma non il picco caratteristico che, invece, si riscontra nei soggetti normali.

 
L’approccio terapeutico si avvale innanzitutto della rimozione della causa che ha indotto l’alterazione; è quindi necessario consigliare alle donne una riduzione dell’attività fisica, assieme ad un recupero del peso corporeo accompagnato da una dieta bilanciata. Tale approccio consente, nella maggior parte dei casi, la risoluzione del problema.
Visto il ruolo chiave svolto nelle amenorree ipotalamiche da parte degli oppioidi endogeni, è consigliabile la somministrazione per os di naloxone, per 3-6 mesi alla dose di 50 mg/die; solitamente i risultati di tale approccio sono buoni, soprattutto nelle donne che avevano mostrato, nel corso di accertamento diagnostico, una risposta positiva al test al naloxone.

 
A scopo terapeutico potrebbe essere utilizzato il GnRH pulsatile, somministrato a mezzo di pompe di infusione; in realtà tale approccio viene riservato alle donne desiderose di gravidanza al fine di provocare il picco LH per indurre l’ovulazione.
L’utilizzo dei contraccettivi orali, se da un lato ha il vantaggio di favorire la comparsa di un sanguinamento similmestruale nella paziente con amenorrea da eccessivo esercizio fisico, dall’altro potrebbe indurre nella paziente stessa l’erronea convinzione di un’avvenuta guarigione, distogliendo la sua già scarsa attenzione sul suo stato di salute.

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Juin
30
Carla T. Fit. + pesistica
Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio
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.Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio; Il problema relativo all’eccessivo consumo di acqua è noto come Iponatremia che in sostanza comporta una riduzione della concentrazione di sodio nel sangue. Il quadro non è affatto piacevole; esso comporta una serie di sintomi come emicrania, stato di confusione, malessere generale, nausea, crampi, in casi estremi può arrivare al coma con sviluppo di edema polmonare acuto e morte (“W. D.McArdle, F.I Katch, V.L. Katch “Fisiologia applicata allo sport” Ed. Ambrosiana).
Il Sodio non è così “infame” come molti vogliono farci credere, solo perché magari pubblicizzano acqua con basse concentrazioni di questo minerale. (la TV ne è piena di questa nefandezze).

Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio

Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio

Esso è fondamentale per molte funzioni del corpo umano. Di certo in persone ipertese un eccesso può essere dannoso: Ma sicuramente la questione non è riferita a quei 50-100mg / litro  contenuti nelle acque e poi non dimentichiamo che l’ipertensione è una questione patologica quindi di stretta competenza medica!

Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e salute: Acqua con poco sodio. Alimentazione e sal

E’ comico … incoerente

La questione comica è la seguente: si cerca di non bere ad esempio acqua che contenga 100 mg/l di sodio per non ingerire quantità eccessive del minerale. Per mettere insieme un grammo di sodio (1g) ci vorrebbero 10 litri di acqua!!! Se non fosse chiaro 10 litri di acqua!!! Mangiando 100g di bresaola, che è forse tra gli alimenti preferiti perché poco grasso e molto proteico, si assumono circa 1.5 g di sodio, l’equivalente di circa 15 litri di acqua!

E poi ci preoccupiamo delle acque che contengono 100mg di sodio per litro? Quando poi la dieta tipica di un amante del fitness comprende anche fesa di tacchino, bresaola, carne in scatola, prosciutto rigorosamente sgrassato o altri alimenti magri, ma comunque “salati” e insaccati, poveri di grassi ma ricchi di sodio; è semplicemente RIDICOLO!!!
I numeri parlano chiaro! Si potrebbero aprire altre discussioni sulle caratteristiche dell’acqua come il residuo fisso e il contenuto di calcio. Infatti sempre per gli sportivi bere un’acqua che contenga un discreto residuo, come quelle bicarbonate calciche (meglio se poco gassate), può tornare utile per ripristinare i minerali persi con l’attività .

 
Un’acqua caratterizzata da un contenuto di calcio elevato può tornare utile a persone in menopausa o per coloro che hanno un’osteoporosi importante. Ripeto ancora una volta che nel caso di condizioni patologiche è sempre meglio farsi da parte e lasciare decidere al medico. Giusto per avere un’informazione in merito è comunque importante estendere le proprie conoscenze anche al campo salutistico.

Toernando al sodio, il falso mito dannoso.

 

Tornando al temerario SODIO dallo sguardo cattivo, che ci guarda dalle bottiglie confezionate da 1 euro al litro, è bene accoglierlo con meno aggressività e farci la pace una volta per tutte.
Il consiglio più diffuso e con criterio è proprio quello di consumare adeguate quantità di frutta e verdura fresche, che danno grandi apporti di potassio che può contrastare in parte l’eccesso di sodio assunto con gli alimenti “moderni”. Di sicuro il problema non si risolve scegliendo acqua a bassissimo contenuto di questo minerale. Forse i manager delle grande aziende produttrici di acqua con poco sodio saranno amareggiati da questo, ma visto che le loro acque hanno poco sodio bevendole potranno addolcirsi perché non rimane il salato in bocca…

 
L’acqua è l’elemento più prezioso che abbiamo. In Africa ci sono bambini che non hanno a disposizione neanche un litro al giorno per bere. Né tanto meno per lavarsi. E noi qui ci preoccupiamo di quel mezzo grammo di sodio che contiene l’acqua del rubinetto? Leggete qualche libro in più e magari potrete anche risparmiare qualche soldo.
E a questo punto ci sarebbe da arringare ironicamente: Evviva il sodio !

Alla faccia di tutti i maniaci e ai dirigenti delle grande aziende di acqua povera di Sodio !

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Juin
28
Carla T. Fit. + pesistica
Sport di squadra e individuali: così differenti?
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Sport di squadra e individuali: così differenti?  Una delle distinzioni che spesso viene fatta all’interno dello sport (agonistico e non) è quella che discerne gli sport di squadra da quelli individuali.

A un primo momento può sembrare che questa distinzione sia netta e che chi sceglie o l’una o l’altra tipologia di attività sportiva si troverà in maniera definitiva a dover spartire allenamenti, partite, vittorie, sconfitte, gioie e delusioni con altri compagni in un caso, o a trovarsi a gareggiare da solo nell’altro caso. In realtà questa divisione non è così netta come appare, infatti, ci sono molti elementi che indicano che anche gli sport considerati “individuali”, di individuale abbiano in realtà ben poco.

 

Sport di squadra e individuali: così differenti?

Allenamenti in gruppo

 

Il primo elemento che ci permette di ritrovare dinamiche di gruppo anche negli sport dove in genere l’atleta si trova a gareggiare da solo, è l’allenamento.

A parte alcuni casi che si possono ritrovare nell’eccellenza, gli atleti di sport individuali (che continuerò a chiamare così per comoda distinzione) si trovano ad allenarsi con altre persone, soprattutto durante il periodo giovanile quando è difficile immaginare che un ragazzo si alleni completamente in solitudine.

Viene quindi facile pensare che, allenandosi con altri compagni, l’atleta subisca comunque l’influenza del gruppo e che si vengano a creare dinamiche simili a quelle che si possono trovare all’interno di una squadra.

 

Staff, società e sponsor

 

Anche nei pochi casi in cui, come ho accennato prima, un atleta abbia la possibilità di allenarsi individualmente, dovrà pur sempre avere a che fare con altri professionisti che lo supportano durante gli allenamenti o le gare.

Attorno all’atleta, infatti, ruotano alcune figure professionali che si occupano della sua preparazione.

Primo fra tutti è l’allenatore, figura molto importante che forma lo sportivo e cerca di fornirgli la preparazione tecnico-tattica, ma spesso anche mentale e fisica, migliore.

Anche se la figura dell’allenatore è quella più importante, all’interno dello staff ci sono altre persone altrettanto fondamentali: i preparatori atletici, i medici, lo psicologo sportivo, ecc…

E’ quindi logico immaginare che il rapporto che si viene a creare tra atleta e staff abbia tutte le caratteristiche di un teamche comunque può fare bene solo se le dinamiche relazionali, di leadership e di comunicazione sono adeguate.

Oltre al team di persone che lavorano insieme all’atleta, solitamente ci sono altre figure che influiscono non poco nelle dinamiche dello sportivo; infatti la società sportiva, o, in caso di alto livello, gli sponsor, sono comunque fondamentali per la riuscita di un progetto sportivo e devono quindi essere presi in considerazione all’interno dell’universo dell’atleta.

Sport di squadra e individuali: così differenti?

 

Tipi di relazione durante la gara

 

Per poter comunque mantenere una distinzione, si può cercare di suddividere gli sport in base al tipo di relazione che gli atleti hanno durante la gara con gli altri compagni.

Si possono quindi definire tre tipologie di sport:

Sport interattivi:

 

sono quegli sport in cui, durante la gara, vi è un alto livello di interazione tra i giocatori di una stessa squadra.

Si pensi per esempio al calcio, alla pallavolo o al basket dove, per far si che un giocatore possa fare un punto (goal, canestro, ecc..), è fondamentale che tutti i membri della squadra interagiscano in modo tale da mettere questo giocatore nella condizione ideale per portarlo a compiere l’azione decisiva.

Sport co-attivi

 

gli sport considerati co-attivi sono quegli sport dove c’è poca o nessuna interazione tra gli atleti della stessa squadra.

Si può pensare per esempio alle gare di staffetta dove l’interazione tra gli atleti avviene solo nel momento di passaggio del testimone, mentre la maggior parte della gare vede un atleta correre “da solo”.

Ci sono anche alcuni sport dove, pur gareggiando in squadra, non avviene nessuna interazione tra gli atleti dello stesso team: si pensi per esempio ad alcune discipline della ginnastica dove, soprattutto durante le Olimpiadi, il punteggio di una squadra è deciso dalla somma dei punteggi dei singoli atleti.

Sport singoli:

 

sono considerati “singoli” quegli sport in cui, durante la gara, l’atleta non gareggia all’interno di una squadra, ma per conto suo. Esempi di questo tipo di relazioni (o non-relazioni) possono essere trovate in vari sport come il tennis, il nuoto, lo sci, ecc.  anche se, molto spesso, alcuni di questi sport possono trasformarsi in co-attivi nel caso si gareggi, per esempio, in competizioni all’interno di squadra nazionale, o anche interattivi quando, nel caso del tennis doppio per esempio, si aggiunga uno o più membri a gareggiare insieme all’interno della stessa competizione.

Cosa cambia a livello mentale tra sport di squadra e individuale?

 

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Concentrandosi sulla divisione netta tra sport di squadra e individuali, sono stati fatti, in passato, molti studi dove si è cercato di spiegare quali fossero le caratteristiche che spingono una persona a fare una tipologia di sport rispetto all’altra. Sono state date diverse spiegazioni: dal livello di egocentrismo degli atleti, a spiegazioni più cognitive come per esempio una maggiore impulsività, una maggior tendenza a prendere decisioni non giustificate, e una maggiore rigidità di pensiero da parte di atleti di sport individuali.

Quello che però è importante capire è, a parer mio, quale possa essere il tipo di lavoro che uno psicologo può offrire a un atleta in base al contesto in cui ha a che fare e, soprattutto in base alla richiesta.

Infatti, secondo me, più che cercare di spiegare le differenze che ci possono essere a livello di caratteristiche di personalità o cognitive, è utile cercare di capire quanto può essere differente un lavoro svolto con un singolo atleta o con un’intera squadra.

 

Fondamentale è quindi che lo psicologo riesca a capire il livello a cui deve rivolgersi, indipendentemente se il lavoro è svolto su di un atleta di uno sport singolo o di gruppo.

Può essere, per esempio, che un giocatore di pallacanestro abbia problemi a gestire l’ansia durante la gara o, viceversa. Che un pugile abbia problemi di comunicazione con il proprio allenatore. In entrambi i casi la problematica che si presenta richiederebbe un lavoro (individuale sul primo e relazionale sul secondo) contrario a quella che potrebbe essere la categoria (di squadra vs. individuale) del proprio sport.

Per questo motivo la distinzione che viene fatta in base al numero di atleti della stessa squadra può da un lato essere interessante a livello teorico. Ma, allo stesso tempo non deve diventare una categorizzazione limitante quando si tratta di dover supportare l’atleta nella preparazione mentale.

 

Tratto da: http://spazio-psicologia.com/psicologia-2/psicologia-dello-sport/sport-di-squadra-e-individuali-cosi-differenti/

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Juin
23
Carla T. Fit. + pesistica
Allenamento funzionale: moda o realtà
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Allenamento funzionale: moda o realtà ; A cura del dottor Davide Marciano

Negli ultimi anni, nelle palestre italiane, sempre con maggior frequenza, si sente parlare di allenamento funzionale e sempre piu’ spesso si vedono aree dedicate a tale allenamento, dove a dettar legge non è più  il macchinario esteticamente bello e dal costo esorbitante, ma un ambiente spartano dove poter fare esercizi a corpo libero o / e con semplici attrezzi, come la fit ball, palle mediche, TRX, kettlebell, sacche bulgare, clave, corde per il jump rope, sbarra per trazioni, ecc.Allenamento funzionale

da riflettere infatti sulla differenza economica che c’è tra l’allestire un area functional e allestire la stessa con attrezzi isotonici o addirittura cardio. GRANDISSIME differenze di investimento ma introiti che possono tranquillamente essere a favore del functional. Quindi: “SEMPLICITA’ e OTTIMA PROSPETTIVA LAVORATIVA”.

Allenamento funzionale: moda o realtà

 

Ma cos’è l’allenamento funzionale?

 

Un movimento si dice funzionale quando rispecchia i gesti della vita quotidiana. Movimenti naturali realizzati grazie alla contrazione sinergica di più gruppi muscolari. Scopo di questo allenamento è sviluppare un corpo bello, armonico e forte tramite esercizi che richiamano le funzioni base per cui è nato. Per questo si vanno a creare percorsi che si avvicinino il più possibile a quello che il corpo umano fa per natura.

Nella nostra vita quotidiana non esiste l’isolamento muscolare tipico della sala attrezzi, qualsiasi cosa facciamo, dal semplice camminare all’alzare una busta della spesa, dall’arrampicata al salto, richiede movimenti permessi dalla sinergia muscolare.

Il nostro corpo è nato per compiere movimenti – semplici e non – grazie al suo insieme e non settorializzando ogni sua zona. Parliamo di esercizi caratterizzati da movimenti multiarticolari (piu’ articolazioni che sollecitano catene muscolari) svolti su diversi piani e assi. Allenamento funzionaleL’allenamento funzionale è un allenamento a 360° dove non viene richiesta solo una caratteristica, e dove non viene chiesta la specificità.

Allenamento funzionale: moda o realtà

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Significato

Essere funzionali vuol dire essere forti, reattivi, agili, veloci, elastici, coordinati, grazie al fatto che si acquisiscono nuovi schemi motori attraverso esperienze motorie multiple e sempre piu’ difficili (la progressione è fondamentale nel functional training).
Tale allenamento, grazie alle sue caratteristiche, va a sollecitare la muscolatura profonda che crea stabilizzazione articolare, a differenza del classico lavoro analitico che siamo abituati a svolgere in palestra. Questo lavoro di stabilizzazione previene molti infortuni e rinforza le articolazioni.

Più  l’esercizio è instabile più i muscoli profondi (tipico esempio è rappresentato dalla cuffia dei rotatori) devono creare stabilizzazione. Pensate alla difficoltà che si incontra nel passare, ad esempio, dalle distensioni con bilanciere alle distensioni con manubri.

…interessante

Sicuramente ai 100 Kg sollevati nelle distensioni con bilanciere non corrisponderà mai un peso di 50 Kg per braccio nelle distensioni con manubri. Ancora, se passiamo dalle distensioni a dei piegamenti effettuati su 2 palle mediche molto probabilmente non saremo in grado di fare nemmeno qualche ripetizione.
E’ da questo principio cardine del functional, rappresentato dalla stabilizzazione, che nasce un termine molto utilizzato in questa disciplina: “Core training”. Esso si riferisce al rinforzo dei muscoli profondi del tronco e del bacino, al fine di ottimizzare qualsiasi gesto che richieda stabilità. Il core è il centro, ed è proprio dal centro del nostro corpo che parte il movimento. Con un core stabile e forte tutto sarà piu’ semplice e sicuro, dal salire sopra uno sgabello allo svolgimento di squat – affondi – military press ecc.

A fronte di questi innumerevoli benefici, vi è da aggiungere un uso, a volte indiscriminato, dell’allenamento funzionale. È impensabile dare dei movimenti balistici o estremamente instabili a soggetti non allenati o addirittura con problematiche di base.

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Allenamento funzionale

Basti pensare, ad esempio, al rapporto che c’è tra uno swing (esercizio fatto con la kettlebell) e il carico sulla colonna vertebrale.
Un’anamnesi iniziale è doverosa prima di dare un qualsiasi esercizio, specie se funzionale.
Le ginocchia del soggetto analizzato sono in recurvatum, sono valghe o vare?
I muscoli del cingolo scapolare sono liberi da ogni anomala tensione o meno?

Immaginate i danni che potrebbe causare uno swing ad un soggetto con catena posteriore retratta.

Queste sono solo alcune attenzioni da dover tener presente quando si parla di esercizi funzionali. Attenzione:  se fatti male possono recare molti più  danni dei classici esercizi.

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In questo “nuovo” e affascinate mondo tanto c’è di buono; l’allenamento funzionale non rappresenta certo una moda del momento destinata a scomparire la prossima stagione. Inoltre, definisco il functional un’ottima attività, anche complementare ad altre discipline (dal bodybuilding all’atletica). Personalmente è da un po’ di tempo che inserisco nei miei “classici” allenamenti di ipertrofia, anche questi esercizi. Ho riscontrato in tutti i soggetti analizzati, un notevole aumento di forza (incrementi del carico sulla panca orizzontale sullo squat e altri). Senza parlare del netto miglioramento della performance che ho riscontrato in sport come il tennis e calcio.

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Juin
20
Fabio, Sport Masseur
Acqua: una bibita eccellente
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Acqua: una bibita eccellente;  A cura del Dott. Johnny Padulo.   L’acqua è il costituente quantitativamente più rilevante dell’organismo ed è noto che senz’acqua si può vivere solo per pochi giorni.

Acqua: una bibita eccellente

 

Nell’adulto una perdita di due litri di acqua porta astenia ed inefficienza. Una perdita di quattro litri comporta disabilità, un deficit di otto è letale. La sensazione di sete è un fattore fondamentale al mantenimento dell’omeostasi idrica perché, l’introduzione di acqua come conseguenza dello stimolo, mantiene in positivo il bilancio idrico. Ignorare questa sensazione è dannoso e pericoloso.

Acqua: una bibita eccellente

L’atleta

L’attività sportiva determina una maggiore spesa energetica ed una perdita di acqua sotto forma di sudore. Di conseguenza il fabbisogno di liquidi è maggiore e la quota idrica della dieta rappresenta un elemento essenziale per produrre uno stato di idratazione ottimale, per sostenere la prestazione atletica e accelerare la fase di recupero.

Molto importante per l’atleta è l’adeguata assunzione di liquidi che deve essere opportunamente distribuita durante la gara o l’allenamento. L’’idonea assunzione di liquidi ha lo scopo di conservare buone capacità di termoregolazione e di impedire la disidratazione dell’organismo nel corso di sforzi prolungati. Infatti, durante una generica prestazione sportiva si assiste ad una perdita d’acqua molto superiore al 2% del peso corporeo, perdita che va ad influenzare la prestazione sportiva, mediante diversi meccanismi di adattamento:
comparsa di stress cardiaco e vascolare da riduzione del volume plasmatico.
aumento del battito cardiaco (tachicardia) e della temperatura corporea (vampate di calore, crampi, emicrania, debolezza fino al collasso cardio-circolatorio).
comparsa di sintomatologia debilitante generale quale sconforto, fatica, apatia, depressione.
impossibilità a sostenere lo sforzo per lunghi periodi di tempo.

La fabbisogno non è semplice da calcolare

La stima reale del fabbisogno di acqua è però molto difficile, soprattutto perché le perdite definite “insensibili”.  (dovute cioè all’evaporazione attraverso cute e polmoni) possono variare notevolmente Queste perdite, infatti, possono rappresentare il 50% dell’eliminazione totale, soprattutto in particolari situazioni climatiche.
La perdita di liquidi aumenta in ambienti con umidità molto elevata. Infatti l’organismo sotto sforzo fatica a mantenere costante la temperatura corporea, eliminando così una maggior quantità di liquidi, rispetto a quella che eliminerebbe in ambiente secco. Quando l’umidità è elevata l’organismo deve perdere molta più acqua per cedere all’ambiente il calore corporeo.

La perdita idrica va quindi compensata con equivalenti volumi di liquidi ed è consigliabile prevenirla assumendo acqua prima e durante l’allenamento o la competizione; in caso contrario, per rimediare ad una intervenuta disidratazione sono necessarie parecchie ore. Ogni millilitro d’acqua che evapora comporta la dispersione di 0,58 kcal; . Tuttavia, è bene ricordare che sudare non determina dispendio energetico (non fa dimagrire) . E che solo l’acqua effettivamente evaporata produce una riduzione della temperatura corporea.

Viceversa, quella che rimane negli indumenti rimossi, o sgocciola, oppure è allontanata meccanicamente dalla superficie cutanea. Ad es. con gli asciugamani, non produce effetti favorevoli sulla termodispersione, ma determina solo un’ulteriore perdita d’acqua, in grado di aggravare lo stato di disidratazione dell’organismo. Tra tutti i liquidi da ingerire, quello che merita il primo posto e resta l’unico, indispensabile è l’acqua. Durante lo sforzo, o prima di esso, si può però ricorrere a soluzioni saline. Esse spmp disponibili in commercio, purché opportunamente formulate.

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Juin
20
Carla T. Fit. + pesistica
La natura protegge il tono dell’umore
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La natura protegge il tono dell’umore;   Una passeggiata di 90 minuti a contatto con la natura aiuta a mantenere alto il tono dell’umore. Lo dice la ricerca.

La natura protegge il tono dell’umore

 

La natura protegge il tono dell’umore

Il contatto con la natura fa bene anche al tono dell’umore. La ricerca conferma con i numeri ciò che l’esperienza ha sempre evidenziato: il tempo trascorso a contatto con boschi e prati, mari, laghi e fiumi, montagne e campagna, spazi verdi comunque intesi ha un effetto rigenerante per il corpo, ma anche per il tono dell’umore

Chi vive in città (attualmente il 50% della popolazione mondiale) è più esposto al rischio di disturbi psicologici. Secondo gli esperti, in città il rischio di ansia è del 20% superiore rispetto alla campagna (mare/montagna) e quello di depressione è addirittura del 40% maggiore. Quindi non stupisce che anche le alterazioni del tono dell’umore siano più frequenti nelle realtà più urbanizzate.

Proceeding of the National Academy of Sciences

Ora, però, una ricerca pubblicata su Proceeding of the National Academy of Sciences, a firma di un gruppo dell’Università di Stanford (California) dimostra che sono sufficienti 90 minuti di passeggiata a contatto con la natura per ridurre in modo significativo due marker tipici.  l’abitudine di rimuginare pensieri negativi e il livello di attività in una zona del cervello associata al rischio di disturbi mentali, dai più lievi ai più gravi ed alzare il tono dell’umore.

Si conferma quindi ancora una volta come l’attività fisica moderata (passeggiata), tanto più se all’aria aperta (in città parchi e giardini) faccia parte della strategia favorevole al mantenimento di un buon tono dell’umore.

Ma a volte non basta. Se ansia, malinconia e senso di stanchezza non cedono il passo a un tono dell’umore migliore, si può trovare supporto da un integratore, che aiuti il cervello a sintetizzare serotonina, dopamina e noradrenalina, i neurotrasmettitori del buonumore. Si tratta di una preparazione che contiene SAMe (S-Adenosil-Metionina), acido folico e vitamina B12. Priva di effetti collaterali, perché fornisce molecole normalmente presenti nell’organismo, la preparazione è in compresse da sciogliere in bocca, così da facilitare l’assorbimento delle molecole e il loro utilizzo.

 

Tratto da: http://dicheumoresei.it/natura-tono-umore-citta/

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Juin
20
Carla T. Fit. + pesistica
L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore
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 L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore L’alimentazione corretta fa bene anche al tono dell’umore: facilita la digestione, mantiene in forma, aiuta a dormire meglio e rifornisce il cervello del carburante giusto per sintetizzare serotonina, dopamina e noradrenalina, i neurotrasmettitori del buonumore.

L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore

 

Nell’alimentazione a sostegno del tono dell’umore devono essere presenti, prima di tutto, i nutrienti chiamati essenziali. Sono tali perché l’organismo non è capace di sintetizzarli, ma che non devono mai mancare per mantenere una buona salute.
Il primo è l’acqua: senz’acqua le cellule muoiono. Poi ci sono gli aminoacidi, i mattoncini che formano le proteine. Sono 20, ma ben otto devono essere introdotti con alimenti quali latte, latticini e uova (le proteine meglio assimilate dall’organismo), pesce, carne, legumi, cereali. La combinazione di legumi e cereali (pasta e fagioli, riso e ceci) è ottimale per assumere tutti gli aminoacidi utili.
Tra i grassi, sono essenziali l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico, presenti in frutta secca a guscio (noci soprattutto), oli vegetali (oliva, mais, girasole, soia, borragine, colza, lino), cereali integrali, legumi, verdure a foglia. Gli acidi grassi EPA e DHA (conosciuti genericamente come omega-3) sono derivati dell’acido linoleico e, com’è noto, sono abbondanti nel pesce.

L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore

Le vitamine…

Le vitamine (verdure e in ortaggi a foglia verde, frutta fresca e frutta secca, semi oleosi, cereali integrali, agrumi, legumi). I minerali (latte e latticini, uova, carne e pesce, frutta secca, cacao, verdure, acque minerali) completano l’alimentazione che aiuta il tono dell’umore.
Infine due parole su alcol, caffè e cioccolata. L’alcol aiuta il tono dell’umore solo per un consumo moderato. Per le donne non più di due bicchieri di vino, o di birra, al giorno, e non più di tre bicchieri per l’uomo. Ma sempre come accompagnamento del pasto.

Il vino rosso…di sera. Cioccolato meglio di sera.

L’effetto favorevole dell’alcol a dosi moderate sulla salute di cuore e vasi si riflette anche sul cervello e sul tono dell’umore.
Caffè: tonico dell’umore, ricco di antiossidanti, andrebbe evitato dopo le 15, per non compromettere il sonno. Infine la cioccolata: la scelta deve cadere sul fondente, ricco di antiossidanti. Fa bene alle arterie e al cuore ed è un “booster” di serotonina: ne bastano 10 g al giorno. Ma è anche blandamente eccitante: è meglio consumarlo dopopranzo e non dopocena.

L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. 

SAMe (S-Adenosi-Metionina)

L’alimentazione quindi è un tassello fondamentale per mantenere un buon tono dell’umore. Ma non sempre è sufficiente. Quando le giornate grigie diventano troppe e rischiano di diventare sempre più buie, un aiuto può venire dall’integrazione con un prodotto specifico, a base di SAMe (S-Adenosi-Metionina). Non è un farmaco, ma un naturale fornitore degli elementi base che occorrono al cervello per sintetizzare dopamina, serotonina e noradrenalina. L’integratore è formulato in compresse che vanno sciolte in bocca e contiene anche acido folico e vitamina B12, che favoriscono l’utilizzo di SAMe da parte dei neuroni per riequilibrare il tono dell’umore.

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L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. L’alimentazione corretta favorisce il tono dell’umore. 

Juin
20
Carla T. Fit. + pesistica
Stress da lavoro: come difendersi in tempi di crisi
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Stress da lavoro: come difendersi in tempi di crisi…  Con il termine “stress lavoro-correlato” si intende una situazione all’interno della quale un individuo percepisce di avere risorse inadeguate rispetto alle richieste dell’ambiente di lavoro. Questo può tradursi in una difficoltà nella gestione quotidiana degli impegni lavorativi, o nel relazionarsi con i propri colleghi e superiori.
Il numero di persone soggette a stress lavoro-correlato è in progressivo aumento in Italia e in Europa, complice la crisi economica, responsabile di tanta incertezza.

Stress da lavoro: come difendersi in tempi di crisi

Si stima che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse sia dovuta allo stress e alle sue conseguenze. Sono soprattutto le donne a soffrire di questa condizione, in quanto si trovano nella difficoltà di dover conciliare la gestione dei carichi familiari con l’attività lavorativa.

I sintomi

Lo stress lavorativo può manifestarsi con sintomi fisici di varia natura, come cefalee ricorrenti, disturbi gastroenterici, sindrome premestruale, variazioni di peso, disturbi del sonno, astenia. Dal punto di vista emozionale, nelle situazioni in cui ci si sente sopraffatti dalla mole di lavoro, prevale l’ansia, mentre nei casi in cui ci si sente sfruttati o si ha la sensazione di svolgere una mansione inferiore rispetto alle proprie capacità e competenze, prevalgono frustrazione, rabbia e demoralizzazione.

Questi stati d’animo rendono difficile la concentrazione e diminuiscono la memoria, causando un calo del rendimento lavorativo. Si instaura così un circolo vizioso nel quale all’aumento dello stress corrisponde una riduzione delle capacità di gestirlo. Inoltre, spesso anche il tempo da dedicare a se stessi o alla famiglia viene sacrificato, non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi, perché, di fatto, con la mente si è sempre in ufficio.

Stress da lavoro: come difendersi in tempi di crisi

Che fare?

Chi ha un lavoro oggi è consapevole di doverselo tenere stretto, e i datori di lavoro lo sanno bene… ma questo non è un buon motivo per soccombere. Ricordiamo che non è tanto lo stress in sé a provocare danni, quanto la nostra incapacità di gestirlo. In realtà, la pretesa di ridurre lo stress non può che avere un esito fallimentare; dobbiamo invece cercare di migliorare le nostre abilità di coping, cioè la capacità di farvi fronte e di resistere.
Questo obbiettivo si può raggiungere in diversi modi. Evidenze scientifiche recenti hanno dimostrato che alcune tecniche meditative, come la mindfulness, sono molto utili nella riduzione dell’impatto che lo stress ha sulla nostra vita, migliorando anche la qualità del tempo che NON dedichiamo al lavoro!

SAMEFAST può essere d’aiuto nel ridurre i sintomi dello stress, come astenia, disturbi del sonno o labilità emotiva e nel recuperare le energie, mettendoci nella giusta disposizione d’animo per affrontare in modo diverso le nuove difficoltà.
Samefast è un integratore a base di S-adenosil–L–metionina (SAMe), vitamina B12 e acido folico. La SAMe è una sostanza già presente naturalmente nell’organismo. La SAMe agisce direttamente sulla produzione di serotonina, noradrenalina, dopamina, ovvero i neurotrasmettitori-chiave nella regolazione del tono dell’umore.
Grazie alla formulazione orosolubile, è possibile assumere Samefast facilmente, in qualsiasi momento della giornata.

Focus on…

A livello legislativo, le tematiche inerenti lo stress lavorativo sono regolate dal Decreto Interministeriale del 30/11/2012-(comunicato in G.U. 06/12/2012, n. 285). La normativa prevede che ciascuna azienda effettui una valutazione del rischio di stress lavoro-correlato. Implementando azioni di prevenzione, riduzione o eliminazione delle fonti di rischio stress.

 

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Tratto da:  http://dicheumoresei.it/lo-stress-da-lavoro-come-difendersi-in-tempi-di-crisi/

 

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Juin
20
Carla T. Fit. + pesistica
Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore
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Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore   I cambiamenti fisici più evidenti collegati alla menopausa… Che cosa accade alla donna quando entra in menopausa? E’ noto che, con la menopausa, termina la cosiddetta età fertile, e si interrompe definitivamente il ciclo mestruale in seguito a variazioni ormonali. Si tratta di un cambiamento del tutto fisiologico che, in genere, si verifica tra i 45 e i 55 anni e viene diagnosticato quando le mestruazioni sono cessate da almeno 12 mesi.

Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore

La donna arriva all’interruzione delle mestruazioni dopo il climaterio: un periodo più o meno lungo (anche 5 – 10 anni), durante il quale il ciclo mestruale può presentarsi in modo irregolare (“saltare” per alcuni mesi, comparire più volte in un mese) e/o con anomali flussi (troppo leggero o abbondante).

Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore.  Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa Periodo della vita fatto da sbalzi di umore.  Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore.  Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore.

Le cause dei cambiamenti: la riduzione degli estrogeni

Durante il climaterio le ovaie rispondono sempre meno agli stimoli degli ormoni secreti dall’ipofisi (FSH – ormone follicolo – stimolante ed LH – ormone leutinizzante), rilasciando quantità sempre minori di estrogeni, (gli ormoni tipicamente femminili che regolano molteplici funzioni organiche, ad esempio(accrescimento, maturazione sessuale, fecondità, ecc.).
Questo processo va avanti fino a quando le ovaie interrompono completamente la produzione di estrogeni, fase che coincide con l’avvio della menopausa vera e propria, caratterizzata da sospensione definitiva del ciclo mestruale, ma che può essere anche accompagnata da una serie di disturbi, più o meno lievi, relativi alla sfera fisica ed emotiva.

Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. Menopausa: un periodo della vita caratterizzato da sbalzi di umore. 

Disturbi fisici tipici della menopausa

Tra i disturbi più diffusi della menopausa citiamo innanzitutto le vampate di calore e l’eccessiva sudorazione. Questi fenomeni sono dovuti al progressivo abbassamento degli estrogeni e alla conseguente reazione dell’ipotalamo. (La ghiandola che svolge il ruolo di “centralina” del nostro sistema endocrino).

L’ipotalamo collega bassi livelli di ormoni femminili ad alta temperatura corporea e induce l’organismo a “liberare calore” per abbassare la temperatura.
In genere nella menopausa si verifica una riduzione delle fisiologiche secrezioni vaginali. La carenza di estrogeni provoca una diminuzione dei liquidi e una certa secchezza vaginale, che può essere accompagnata da prurito e può rendere dolorosi i rapporti sessuali. Spesso i disturbi precedenti possono essere affiancati anche da aumenti di peso.

Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore. 
E’ inoltre noto che le donne in menopausa sono a “rischio” osteoporosi, malattia caratterizzata da una riduzione della massa ossea e dall’indebolimento del tessuto osseo, che risulta quindi più fragile e soggetto a fratture. Il tessuto osseo, in sintesi, tende a “consumarsi” e non si “rigenera” perla carenza di estrogeni, che svolgono anche un importante ruolo nella formazione del tessuto osseo.
Nella donna in menopausa aumenta inoltre il rischio di ipercolesterolemia e di contrarre malattie cardio-vascolari .

Menopausa: Periodo della vita fatto da sbalzi di umore

Menopausa e disturbi emotivi

Molte donne in menopausa lamentano sbalzi d’umore, irritabilità, disturbi del sonno e, in taluni casi, forme più o meno lievi di depressione.
Questo quadro è determinato in larga parte dalla carenza di estrogeni, o la cui riduzione comporta uno squilibrio di alcuni neurotrasmettitori (sostanze chimiche prodotte dal cervello) “del buon umore”, quali la serotonina (che induce alla serenità, riduce l’ansia e alza il tono dell’umore). E la dopamina (collegata al senso di piacere e al benessere ).  E le endorfine (che rendono più resistenti alla fatica e regalano un senso di benessere).

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Come aiutarsi a combattere i disturbi fisici ed emotivi della menopausa

E’ molto importante che la donna segua una dieta equilibrata, ricca di sostanze che possono aiutare a sopperire la carenza di estrogeni (ad esempio soia e derivati, cereali, fagioli, ecc.), con un adeguato apporto di calcio e vitamina D, per ridurre i rischi osteoporosi.
Ugualmente, è necessario che la donna faccia regolarmente esercizio fisico. (Basta anche una camminata ad una buona andatura), possibilmente all’aperto e alla luce, al mattino o al pomeriggio (evitando le ore centrali e più calde). Il movimento aiuta a rafforzare le ossa e stimola la produzione delle endorfine, mentre la luce contribuisce alla produzione di neurotrasmettitori “amici dell’umore”.
Inoltre è utile, per migliorare il tono dell’umore, l’assunzione di SAMe, (S-Adenosil-L-Metionina),acido folico e vitamina B12, un complesso di sostanze contenute nell’ integratore alimentare Samefast.

Samefast UP: un valido aiuto per i disturbi dell’umore in menopausa!

L’integratore Samefast UP deriva il suo nome dalla SAMe, sostanza prodotta naturalmente dal nostro organismo. La SAMe svolge un ruolo importante nella regolazione dell’umore perché influenza la produzione di neurotrasmettitori che incidono sul tono dell’ umore (dopamina, serotonina e noradrelanina) e quando è bassa l’umore ne risente.
L’ acido folico (vitamina B9) e la vitamina B12 sono due sostanze che aiutano l’ organismo a produrre SAMe.
L’assunzione di Samefast UP consente di immettere nel nostro organismo un giusto apporto di SAMe, rendendo immediatamente disponibile questa sostanza così preziosa e, contemporaneamente, di incrementare i livelli di acido folico e vitamina B12. Essi sono fattori essenziali per la naturale produzione di SAMe da parte del nostro organismo.
Samefast UP è un prodotto naturale, che costituisce un valido supporto per ripristinare gli equilibri delicati che influenzano l’umore in menopausa e ritrovare la serenità necessaria ad affrontare in modo positivo una fase importante della vita di ogni donna.

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Tratto da : http://dicheumoresei.it/menopausa-un-periodo-della-vita-caratterizzato-da-sbalzi-di-umore/

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