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Fibromialgia: affligge 290.000 lombardi

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Fibromialgia: affligge 290.000 lombardi.

“Perché si diventa fibromialgici?” è il titolo dell’XI Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica ONLUS. Aperto a soci, accompagnatori, al personale sanitario e a tutti coloro che vogliono sostenere l’Associazione, l’evento si svolgerà sabato 13 Aprile, presso l’Azienda Ospedaliera Polo Universitario “L. Sacco” di Milano (Aula Magna – Pad 5). La fibromialgia, vero e proprio “assemblaggio di dolori” cui si associano astenia, disturbi del sonno e di carattere neuro-cognitivo, colpisce soprattutto donne e ha una prevalenza sulla popolazione italiana del 3% ma, per la sua diagnosi, possono passare anche anni. Il dottor Sarzi Puttini, Presidente AISF ONLUS: “In Lombardia, grazie anche all’attività dell’Associazione, viene diagnosticata sempre di più. Fondamentale la comunicazione medico-paziente per un efficace percorso di cura”.

Milano, 11 Aprile 2013 – Approfondire le cause della fibromialgia, non solo tra medici e paramedici, ma soprattutto con gli stessi pazienti che ne sono affetti. Questo il focus dell’XI Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica ONLUS, che si svolgerà sabato 13 Aprile, presso l’Azienda Ospedaliera Polo Universitario “L. Sacco” di Milano. L’AISF ONLUS, nata oltre 10 anni fa allo scopo di destare maggiore attenzione intorno alla fibromialgia, patologia a lungo sottodiagnosticata e sottotrattata, anche quest’anno chiama a raccolta pazienti, comuni cittadini, clinici, fisioterapisti, psicologi, medici del lavoro e politici per trattare un nuovo specifico aspetto della patologia.

 

Fibromialgia: affligge 290.000 lombardi

 

 

Solo in Lombardia, la fibromialgia colpisce oltre 290.000persone – in linea con la media nazionale che vede unaprevalenza del 3% della popolazione – ed è una malattia prevalentemente femminile, con un rapporto di 1 a 9 tra uomini e donne, nelle quali l’esordio tende a verificarsi in età pre-menopausale. Si manifesta come un vero e proprio“assemblaggio di dolori”, non solo a livello muscolare, ma in tutto quello che “si muove” all’interno dell’organismo, causando ad esempio sofferenza nel tratto gastrointestinale, cefalee emicraniche o muscolo-tensive. A questo si sommanostanchezza cronica, disturbi del sonno e di carattere neuro-cognitivo, a volte problemi degli occhi che diventano meno fluenti. Spesso la patologia ha un ritardo diagnostico che può aggirarsi anche in anni; i pazienti consultano diversi medici senza arrivare a una soluzione, venendo perfino etichettati come malati immaginari.

Cercheremo di fornire risposte alla domanda fondamentale che si pone chi soffre di questa malattia ‘perché si diventa fibromialgici?’. Da qui il titolo stesso del Congresso”, dichiara il dottor Piercarlo Sarzi Puttini, Presidente AISF ONLUS e Direttore Unità Operativa di Reumatologia A.O. Luigi Sacco. “La patologia è caratterizzata da unaridotta soglia di sopportazione del dolore dovuta ad alterazioni a livello di sistema nervoso centrale, che portano il paziente a sentire dolore anche per stimoli che di solito non dovrebbero provocarlo. A partire da una predisposizione genetica, molteplici sono le cause che possono innescare questa condizione: eventi stressanti, traumi fisici o psichici, depressione, disturbi di personalità o malattie infiammatorie croniche. Passeremo quindi in rassegna tutti questi aspetti e li analizzeremo, per contribuire a una migliore conoscenza della sindrome fibromialgica da parte di chi ne soffre e da parte di chi la deve curare”.

Ancora oggi, in effetti, si evidenzia un forte bisogno informativo verso questa condizione, non ancora  riconosciuta quale malattia vera e propria, con le difficoltà che ne conseguono a livello diagnostico-terapeutico. “Sul fronte dei trattamenti farmacologici, ad esempio, mentre negli Stati Uniti ci sono tre farmaci che hanno l’indicazione per la fibromialgia  – sottolinea Sarzi Puttini –, in Europa usiamo questi stessi farmaci, che hanno però indicazione per il dolore cronico diffuso, o sono classificati come antidepressivi o anticonvulsivanti i quali, con altri meccanismi d’azione, agiscono sui neurotrasmettitori del dolore innalzandone la soglia. A questo proposito, di fondamentale importanza è il dialogo che il clinico instaura col proprio assistito, cui deve spiegare che la prescrizione dell’antidepressivo avviene non tanto perché lui abbia la depressione, condizione che comunque a volte si accompagna alla sindrome fibromialgica, ma perché si vuole agire in senso antidolorifico.

La comunicazione medico-paziente nell’ambito di un’efficace gestione della patologia fibromialgica assume quindi un ruolo essenziale. In particolare nel momento della diagnosi occorre, da parte di chi cura, un intenso sforzo di ascolto del racconto del malato, dei segni e dei sintomi che riferisce, perché solo così si può effettivamente individuare la malattia, altrimenti non rintracciabile secondo parametri organici, marcatori, lastre, esami di laboratorio. Una diagnosi sbagliata, che spesso attribuisce un’etichetta infiammatoria al problema, porta poi il paziente a sottoporsi a trattamenti inadatti. “In Lombardia, grazie anche all’attività di AISF ONLUS, la fibromialgia viene diagnosticata sempre di più – aggiunge Sarzi Puttini -, anche dalla medicina del territorio. E per rafforzare l’alleanza di cura con i pazienti, l’Associazione ha realizzato un manuale rivolto a loro, affinché possano documentarsi sulla malattia. Noi medici abbiamo infatti una funzione di ‘coach’, dobbiamo supportare il malato nel gestire il proprio percorso terapeutico”.

Questo percorso, oltre al trattamento farmacologico, deve prevedere la fisioterapia, che aiuta ad innalzare la soglia del dolore, per lo meno per la parte muscolo-scheletrica, e la terapia psicologica, che permette al paziente di comprendere meglio le sue problematiche e se ci sono meccanismi di comportamento che possono essere modificati per migliorare lo stato di salute. Sono molte quindi le figure professionali coinvolte nella cura della fibromialgia; solo con questo approccio multidisciplinare è possibile gestirne la complessità.

La sindrome fibromialgica è, inoltre, una malattia dal pesante impatto economico: una quota di pazienti viene ricoverata in ospedale, una quota è gestita in ambulatorio, generando numerose visite e trattamenti terapeutici durante tutto l’arco dell’anno. “Recenti studi hanno rilevato come il paziente fibromialgico perde molte giornate di lavoro e alcuni possono arrivare anche a perdere il posto. Situazioni di questo tipo andrebbero evitate, perchél’occupazione per il paziente è un’importante fonte di distrazione dai sintomi e di mantenimento dicollegamento con la vita sociale, che altrimenti rischierebbe di perdersi o di limitarsi all’ambiente familiare”, conclude Sarzi Puttini.

 

 

http://www.liquidarea.com/2013/04/fibromialgia-affligge-290-000-lombardi-appuntamento-per-medici-e-pazienti-il-13-aprile-al-sacco-con-lxi-congresso-nazionale-aisf-onlus/ 

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Fibromialgia – Diagnosi e terapia

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Fibromialgia – Diagnosi e terapia. La diagnosi di FM è a tutt’oggi basata sui criteri dell’American College of Rheumatology (ACR) del 1990 che prevedono la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso (cioè che interessa entrambi i lati del corpo sia nella parte superiore che inferiore e che coinvolge tutta la colonna vertebrale) da almeno 3 mesi associato a dolorabilità di almeno 11 dei 18 tender points illustrati nella figura 1.

Fibromialgia - Diagnosi e terapia

Figura 1 

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L’utilizzo di tali criteri ha costituito un importantissimo passo in avanti nella comprensione della FM consentendo di standardizzare la diagnosi e di potere confrontare i lavori scientifici in particolare quelli di tipo epidemiologico.

Nondimeno i criteri ACR sono comunque criticabili sotto diversi aspetti:

  1. oltre ai 18 descritti esistono nei singoli pazienti molti altri tender points ed in generale ogni inserzione tendinea e ogni muscolo sono potenzialmente dolenti
  2. la dolorabilità dei vari tender points varia spontaneamente anche da un giorno all’altro e stabilire un limite netto negli 11 tender points può comportare che un giorno il paziente rientri nei criteri ed il giorno dopo non sia più così
  3. non sempre i pazienti manifestano dolore in tutti i 4 quadranti del corpo ed è anzi frequente che il paziente descriva il dolore diffuso come “mi fa male tutta la parte destra del corpo” oppure “ho dolore alla schiena e a tutte e due le gambe”
  4. quando la ricerca dei tender points viene eseguita da personale inesperto sono frequenti errori diagnostici (pressione su punti anatomici sbagliati oppure pressione troppo lieve o troppo intensa).

Occorre sottolineare inoltre l’importanza della diagnosi differenziale in considerazione del fatto che la FM è una sindrome e molti dei sintomi sono aspecifici, così come l’importanza della individuazione di una eventuale patologia associata alla FM. Per tale ragione si consiglia di sottoporre il paziente nel quale si fa una nuova diagnosi di FM ad un controllo laboratoristico che preveda gli esami elencati nella Tabella 2.

VES, PCR, ANA test
Emocromo con formula
CPK, transaminasi
Anticorpi anti-EBV e anti-HCV
TSH, FT4
Tabella 2

Terapia

La terapia della FM è radicalmente cambiata negli ultimi 15 anni.

 

Per quanto riguarda la terapia farmacologica la grande novità è stata l’introduzione dei farmaci inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), utilizzati primariamente come antidepressivi, ma che si è poi visto essere estremamente efficaci su alcune delle manifestazioni della FM, in particolare sulla astenia e sulla insonnia. Oggi il “gold standard” della terapia farmacologica della FM è considerato l’uso di uno dei più recenti SSRI (paroxetina o sertralina), da assumere al mattino, in associazione alla ciclobenzaprina, da assumere in unica dose serale. Da ricordare anche l’importanza dei sali di magnesio che rivestono un ruolo essenziale nel metabolismo muscolare, non tutti i prodotti in commercio sono però ugualmente efficaci in quanto alcuni hanno uno scarso assorbimento. Altri farmaci che vengono correntemente utilizzati nella terapia della FM sono gli antiepilettici (come il gabapentin o il suo derivato pregabalin), gli analgesici centrali (tramadolo e codeina/paracetamolo), alcuni antiparkinsoniani (come il pramipexolo: vedi la sezione News). Grande interesse sta poi suscitando una nuova classe di farmaci antidepressivi, i farmaci inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI), i quali agiscono su di un più ampio spettro di neurotrasmettitori rispetto agli SSRI. Una sola molecola è al momento commercializzata in Italia, la venlafaxina, ed ha già dato buoni risultati in termini di efficacia e tollerabilità. Una seconda molecola sarà al più presto disponibile (duloxetina: vedi la sezione News).

Per quanto riguarda invece la terapia non farmacologica si può affermare che un radicale cambiamento nella prognosi della FM è stato ottenuto grazie alla terapia di rilassamento muscolare profondo.

La terapia di rilassamento muscolare profondo

: la terapia di rilassamento che si utilizza per il trattamento della FM è basata sulle tecniche analogiche ericksoniane, definite “a breve termine” per la rapidità con la quale permettono di ottenere il risultato. Sono tecniche di derivazione psicologica che inducono il rilassamento muscolare riducendo l’iperattività neurovegetativa alla base della FM. Sono basate sull’uso di un linguaggio “analogico” (cioè un linguaggio suggeritivo in grado di attivare ricordi e sensazioni) che ha lo scopo di attivare le funzioni neuropsicologiche tipiche dell’emisfero cerebrale destro. Nel corso del trattamento si conduce il paziente a valutare eventuali tensioni intrapsichiche per poi applicare tecniche verbali di programmazione neurolinguistica al fine di rimuovere le cause di tensione. Il numero di sedute necessarie è generalmente compreso tra 3 e 5 con frequenza settimanale o bisettimanale. Se il paziente riesce ad ottenere un buon rilassamento muscolare, il risultato è solitamente duraturo e non sono richiesti ulteriori trattamenti. L’effetto sulla sintomatologia della FM è progressivo e comporta una attenuazione delle principali manifestazioni (in particolare della astenia e del dolore) ed un miglioramento della qualità del sonno.

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Fibromialgia per Operatori Sanitari: Patogenesi

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Fibromialgia per Operatori Sanitari: Patogenesi; La patogenesi della FM resta senza dubbio l’argomento più controverso e sul quale sono state spese più parole, paradossalmente non perché ci siano pochi dati a disposizione, ma piuttosto perché ce ne sono troppi. Infatti, da quando sono stati introdotti i criteri diagnostici ACR, si sono moltiplicati gli studi su gruppi omogenei di pazienti con lo scopo di determinare i meccanismi eziopatogenetici alla base della FM. Sono così emersi numerosi dati di tipo anatomopatologico, neurochimico, endocrinologico a volte addirittura contrastanti tra loro e comunque non definitivi, nel senso che nessun rilievo è stato in grado di offrire una ipotesi eziopatogenetica completa ed esauriente della FM. L’unica possibilità per fare chiarezza è individuare quelli che possiamo definire “i fatti della FM” e sulla base di questi cercare di delineare un possibile percorso eziopatogenetico.

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I fatti della FM:

  1. La FM non è una malattia ad origine “periferica”, in quanto non sono mai state dimostrate alterazioni muscolari o tendinee significative
  2. Nella quasi totalità dei casi all’esordio della FM può essere individuato un evento scatenante: trauma fisico o psichico, malattia febbrile spesso ad eziologia virale (in particolare da EBV), altro evento stressante (es. intervento chirurgico). Anche quando tale evento apparentemente non si è verificato, un’attenta indagine riesce a documentare un trauma psichico più o meno recente che si può dimostrare correlato all’insorgenza della FM.
  3. Esiste certamente una familiarità per FM, anche se non sono noti i precisi meccanismi di trasmissione; alcuni lavori hanno documentato la maggiore prevalenza di alcuni alleli del sistema HLA.
  4. La FM non è una malattia psicosomatica: numerosi lavori hanno dimostrato che i tratti psicopatologici dei pazienti fibromialgici sono del tutto sovrapponibili a quelli di pazienti con altre patologie caratterizzate da dolore cronico (es. artrite reumatoide) e sono quindi da considerare reattivi alla malattia di base.
  5. Una delle caratteristiche della FM è l‘iperattività simpatica che si traduce in particolare in alterazioni della microcircolazione periferica e centrale: alterata distribuzione dei capillari a livelllo del tessuto muscolare con ipervascolarizzazione dei tender points, fenomeno di Raynaud, alterazioni del flusso cerebrale con diminuzione del flusso in particolari aree cerebrali (nucleo caudato e talamo) responsabili della trasmissione e della modulazione del dolore. Ciò rende ragione della caratteristica fondamentale della FM e cioè della iperalgesia, in quanto il malfunzionamento di queste aree cerebrali porta ad una errata interpretazione degli stimoli dolorosi.
  6. Nella FM sono state dimostrate e più volte confermate alterazioni di numerosi neurotrasmettitori, a riprova della origine “centrale” della FM: ridotta concentrazione di serotonina e 5-idrossi-triptofano nel liquor e nel plasma, ridotta produzione di melatonina, aumento di oltre 3 volte delle concentrazioni di sostanza P nel liquor. Tutti questi neurotrasmettitori sono coinvolti nella modulazione del dolore e nella regolazione del sonno.
  7. Tutti i farmaci che hanno dimostrato di essere efficaci nella FM agiscono a livello del sistema nervoso centrale.

Basandosi su questi “fatti” si può quindi immaginare che in un soggetto predisposto (che verosimilmente ha ereditato un sistema neurovegetativo sbilanciato verso una iperattività simpatica forse per un deficit metabolico del sistema serotoninergico) agisca un fattore scatenante (trauma, infezione, forse anche alcuni farmaci) in grado di slatentizzare la FM.

Tutti i fattori scatenanti descritti hanno in comune probabilmente la capacità di agire a livello midollare o cerebrale: per esempio è stato dimostrato che un trauma cervicale (colpo di frusta) è in grado di scatenare la FM molto più frequentemente di un trauma lombare. Si realizza quindi una redistribuzione del flusso cerebrale con ischemia relativa di alcune aree deputate al controllo delle vie del dolore con progressivo peggioramento nel tempo della sintomatologia. E’ probabile che alcune delle alterazioni dei neurotrasmettitori documentate siano l’effetto di questi meccanismi piuttosto che la causa. Le manifestazioni muscolari della malattia (rigidità, dolore, tender points) derivano verosimilmente da una sregolazione delle vie simpatiche midollari, secondaria alle alterazioni centrali, che controllano la vascolarizzazione e la contrazione muscolare. Tali meccanismi vengono poi potenziati e mantenuti da numerosi eventi collaterali, tutti orientati verso un mantenimento dello squilibrio neurovegetativo, che complicano lo scenario patogenetico (variazioni climatiche, alterazioni ormonali, ecc.); probabilmente in alcuni pazienti resta comunque fondamentale il meccanismo serotoninergico, mentre in altri, nel tempo, possono prevalere altri meccanismi.

Importante è comunque sottolineare come queste alterazioni siano potenzialmente correggibili e reversibili . Lo dimostra il fatto che in corso di infezione da EBV sono state descritte delle classiche FM completamente regredite con la guarigione della malattia virale e che la terapia di rilassamento, verosimilmente in grado di modificare la distribuzione del flusso cerebrale, può portare a completa regressione della FM.

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Proprio la risposta alla terapia di rilassamento ed ai farmaci SSRI fa ritenere che il deficit predominante nella FM sia quello delle vie serotoninergiche in grado di modulare le attività neurovegetative e che tale deficit sia correlato alla redistribuzione del flusso cerebrale.

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Fibromialgia per Operatori Sanitari – Epidemiologia

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Fibromialgia per Operatori Sanitari – Epidemiologia; Chiunque si occupi di malattie reumatiche non ha difficoltà a riconoscere che la FM è la patologia che si incontra più frequentemente, soprattutto nell’attività ambulatoriale. Ciò nonostante non ci sono dati attendibili sulla reale frequenza della FM in quanto tale malattia continua ancora oggi ad essere ampiamente sottostimata e raramente diagnosticata. Basti pensare all’ambulatorio del medico di medicina generale e a quanti pazienti ogni giorno visita in quanto lamentano uno o più di questi sintomi: dolori muscolari, cefalea, vertigini, epigastralgie, insonnia, dolori addominali, astenia, parestesie, tachicardia. Una buona parte è certamente affetta da FM senza saperlo.

Fibromialgia Group e Forum

I dati epidemiologici di cui disponiamo sono relativi a valutazioni eseguite in:

  1. studi su popolazione sana, di cui alcuni recentissimi, che documentano unaprevalenza compresa tra il 2 e il 4% (con valori notevolmente più elevati se si scorporano i dati per la sola popolazione femminile: 8-10% circa).
  2. studi su pazienti ricoverati in ambiente internistico che evidenzianoprevalenze nell’ordine del 10%
  3. studi su pazienti valutati in ambiente reumatologico dove la prevalenza raggiunge il 25%

Tra gli ultimi lavori di tipo epidemiologico, due rivestono particolare interesse:

  1. Il primo è uno studio di popolazione, pubblicato nel 1999, che ha coinvolto 3395 abitanti della cittadina canadese di London (The London Fibromyalgia Epidemiology Study). Sono stati individuati 100 casi di FM (86 femmine e 14 maschi: rapporto F/M=3:1), con una prevalenza quindi del 3.3%. La prevalenza nel sesso femminile era pari al 4.9% per salire al 8% nella classe d’età 55-64 anni. Sono stati individuati una serie di fattori di rischio per la FM: oltre al sesso femminile, età media, livello di istruzione inferiore, reddito basso, essere divorziati. A tutt’oggi questo rimane lo studio più ampio e rigoroso che viene sempre citato.
  2. Il secondo è uno studio pubblicato nel 2005 che rientra in un progetto iniziato nel 2003 con uno studio a livello europeo (The Feel Study: Fibromyalgia Epidemiology European Large scale survey) per valutare la prevalenza “possibile” della FM nella popolazione generale. La metodologia utilizzata è quella delle interviste telefoniche per raggiungere il maggior numero possibile di individui: il numero dei pazienti “possibili” veniva poi corretto con un coefficiente calcolato dallo studio canadese di cui sopra (rapporto tra FM teoriche e FM confermate dalla visita reumatologica). In tale modo è stato possibile calcolare la prevalenza possibile della FM in: 1. Francia (su campione di 1000 abitanti): 4,3% della popolazione generale (6,1% delle donne e 0,5% degli uomini) 2. Portogallo (su campione di 500 abitanti): 6,1% della popolazione generale (8,8% delle donne e 0,7% degli uomini) 3. Italia (su campione di 1000 abitanti): 4,1% della popolazione generale (6,9% delle donne e 0,3% degli uomini).

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Fibromialgia per Operatori Sanitari - Epidemiologia

 

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