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Fibromialgia – Che tipo di malattia e’?
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Fibromialgia – Che tipo di malattia e’? Il termine fibromialgia (FM) deriva da “fibro” che indica i tessuti fibrosi (come tendini e legamenti) e “mialgia” che significa dolore muscolare. La FM è quindi una malattia reumatica che colpisce i muscoli causando un aumento di tensione muscolare: tutti i muscoli (dal cuoio capelluto alla pianta dei piedi) sono in costante tensione.

Questo comporta numerosi disturbi:

  1. innanzi tutto i muscoli tesi sono causa di dolore che in alcuni casi è localizzato (le sedi più frequenti sono il collo, le spalle, la schiena, le gambe), ma talora è diffuso dappertutto
  2. i muscoli tesi provocano rigidità e possono limitare i movimenti o dare una sensazione di gonfiore a livello delle articolazioni
  3. i muscoli tesi è come se lavorassero costantemente per cui sono sempre stanchi e si esauriscono con grande facilità: questo significa che chi è affetto da FM si sente sempre stanco e si affatica anche per minimi sforzi.
  4. i muscoli tesi non permettono di riposare in modo adeguato: chi è affetto da FM ha un sonno molto leggero, si sveglia più volte durante la notte e alla mattina, anche se gli sembra di avere dormito, si sente più stanco di quando si è coricato (si parla di “sonno non ristoratore”).

Fibromialgia - Che tipo di malattia e'?

“tender points”

 

La tensione muscolare si riflette a livello dei tendini (che sono strutture fibrose tramite le quali i muscoli si attaccano alle ossa) che diventano dolenti in particolare nei loro punti di inserzione: questi punti dolenti tendinei, insieme ad alcuni punti muscolari, evocabili durante la visita medica con la semplice palpazione, sono una caratteristica peculiare della FM e vengono definiti “tender points” (FIGURA 1).

E’ una malattia conosciuta da molto tempo?

La FM era già stata descritta nella prima metà del 1800. Agli inizi del 1900 venne considerata una malattia infiammatoria dei muscoli (fibrosite). Alla fine degli anni ’40 venne esclusa la presenza di infiammazione per cui la FM venne considerata una malattia su base psicologica. Il moderno concetto di FM e di tender points risale al 1978. Nel 1990 sono stati messi a punto i criteri diagnostici e nel 1994 la diagnosi di FM è stata accettata a livello internazionale con la cosiddetta “Dichiarazione di Copenhagen”. Si tratta quindi di una malattia conosciuta da molto tempo, ma che solo recentemente è stata meglio definita.

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Avr
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Fibromialgia, qual è la causa?
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Fibromialgia, qual è la causa? La FM è una malattia a genesi multifattoriale. I numerosi studi volti a capire le cause della malattia hanno documentato numerose alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, cioè di quelle sostanze di fondamentale importanza nella comunicazione tra le cellule nervose. La FM può quindi essere considerata essenzialmente una patologia della comunicazione intercellulare. Immaginando il nostro organismo come un computer, nella FM tutte le periferiche sono integre e in grado di raccogliere le informazioni in modo corretto, ma i dati, una volta raccolti ed inviati a livello centrale, vengono interpretati in modo errato.

Chissà se prima di mettere in pratica alcune cure di tipo farmacologico,  gli stretching vari, con particolare dedizione al Metodo Mezieres, potranno rivelarsi utili al caso?! E’ da augurarselo …

Le due caratteristiche principali della FM sono infatti la iperalgesia e la allodinia.

Per iperalgesia si intende la percezione di dolore molto intenso in risposta a stimoli dolorosi lievi; per allodinia si intende la percezione di dolore in risposta a stimoli che normalmente non sono dolorosi. Sia l’iperalgesia che la allodinia possono verificarsi transitoriamente in soggetti non fibromialgici a seguito di eventi nocivi (es. eritema solare, ferita post-chirugica) che rendono ipersensibile la zona cutanea colpita: nei fibromialgici iperalgesia ed allodinia sono diffuse e persistenti.

Uno degli effetti della disfunzione dei neurotrasmettitori, ed in particolare della serotonina e della noradrenalina, è la iperattività del Sistema Nervoso Neurovegetativo (una parte del nostro sistema nervoso che controlla con meccanismi riflessi numerosi funzioni dell’organismo tra cui la contrazione dei muscoli, ma anche la sudorazione, la vasodilatazione e la vasocostrizione, ecc.) che comporta un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare con insorgenza di dolore ed astenia e tensione.

Tipico della FM, come di altri disturbi neurovegetativi, è che l’andamento dei sintomi varia in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento: c’è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni “di passaggio”, cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti(discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia).

Nemmeno nel testo di Hamer di 1300 pagine circa, (Le 5 Leggi Biologiche) , TESTAMENTO PER UNA NUOVA MEDICINA., è presente la FM. Dovrebbe comparire la Fibromialgia a pagina 1161 nell’ordine alfabetico dell’indice. Ma non vi è. Questo vuol dire che la FM non è risale ad un preciso conflitto drammatico non risolto, così come Hamer ci insegna.

Fibromialgia, qual è la causa?

 

In alto, i sintomi della fibromialgia 

 

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Fabio, Sport Masseur
FIBROMIALGIA
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FIBROMIALGIA –  Si può curare? Alla mattina ti senti più stanca di quando sei andata a dormire?
Hai dolore dappertutto? Ti stanchi per minimi sforzi?
Soffri di gastrite e/o di colite? Hai spesso mal di testa e vertigini?
Sono anni che ti lamenti di questi sintomi, ma nessuno è riuscito a trovare una spiegazione?

 

FIBROMIALGIA

 

Chissà se prima di mettere in pratica i suggerimenti che seguono, gli stretching vari, con particolare dedizione al Metodo Mezieres, potranno rivelarsi utili al caso?! E’ da augurarselo …

 

Fino a circa 10 anni fa la FM veniva raramente diagnosticata, anche perché si riteneva che tale diagnosi non fosse di alcuna utilità in quanto si considerava la FM una patologia di natura psicogena e pertanto difficilmente curabile. Negli ultimi anni le cose sono radicalmente cambiate e oggi si può affermare che la FM si può curare con successo. Grazie alla scoperta dei meccanismi alla base della FM possiamo oggi utilizzare farmaci in grado di correggere i deficit alla base della malattia (in particolare il deficit di serotonina). Oltre ai nuovi farmaci disponiamo di alcunitrattamenti non farmacologici estremamente efficaci in grado di modificare l’iperattività neurovegetativa presente nella FM.

Terapia farmacologica:

possiamo distinguere fondamentalmente due classi di farmaci utilizzati per il trattamento della FM: i farmaci miorilassanti, che agiscono sulla manifestazione “periferica” della FM cioè sulla contrattura muscolare, e i farmaci che potenziano l’attività della serotonina che agiscono invece su uno dei meccanismi “centrali” della malattia. Generalmente questi farmaci vengono associati nello stesso paziente.

Farmaci miorilassanti: tra i tanti miorilassanti esistenti, due sono quelli che hanno dimostrato azione più specifica nella FM, la ciclobenzaprina (Flexiban®) e latizanidina (Sirdalud®).

Farmaci che potenziano l’attività della serotonina: la maggior parte di questi farmaci sono classificati tra gli antidepressivi, questo perché la serotonina è implicata nella genesi di alcune forme di depressione. I primi farmaci ad azione sulla serotonina utilizzati già da molti anni sono i triciclici (es. amitriptilina: Laroxyl®;trazodone: Trittico®), ma attualmente si preferiscono i nuovi inibitori della ricaptazione della serotonina (es. fluoxetina: Fluoxeren®, Prozac®; paroxetina: Seroxat®, Sereupin®; sertralina: Zoloft®; citalopram: Elopram®, Seropram®).

Negli ultimi anni sono stati poi sviluppati farmaci in grado di agire aumentando l’attività di molteplici neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina, ecc.). Attualmente sono in commercio in italia due di questi preparati, la venlafaxina (Efexor®, Faxine®) e la duloxetina (Xeristar®, Cymbalta®). Anche alcuni farmaci antiepilettici sono stati usati, con risultati variabili, nella terapia della FM: il più noto è il gabapentin (Neurontin®), del quale sta per essere commercializzato un derivato più efficace e meglio tollerato, il pregabalin (Lyrica®).

Terapia non farmacologica:

si può affermare che tutte le terapie non farmacologiche note, più o meno ortodosse, sono state utilizzate nel trattamento della FM. Non è pertanto semplice districarsi nell’ambito di un campo nel quale molto spesso risulta difficoltoso separare la reale efficacia di un trattamento dalla semplice suggestione. E’ quindi necessario basarsi solo sui dati dimostrati che derivano dagli studi scientifici.
Il primo punto da chiarire è relativo alle terapie fisiche (TENS, ionoforesi, termoterapia, ecc.) che vengono spesso consigliate ai pazienti con FM: a parte la TENS che risulta efficace fino al 70% dei casi, nessuna altra terapia fisica ha dimostrato risultati superiori al placebo. Per quanto riguarda il massaggio, è stato utilizzato in pochi studi: è comunque comune esperienza dei pazienti con FM che il massaggio può fare peggiorare nettamente la sintomatologia. Anzi si può affermare che, in generale, qualora un paziente trattato con massaggio per una contrattura muscolare riferisca un peggioramento dei sintomi si deve sospettare una FM.

Almeno due studi hanno documentato l’efficacia del biofeedback elettromiografico, metodica che ha il limite di essere poco diffusa e quindi per lo più sconosciuta ai pazienti. Un altro argomento che suscita interesse e quello della omeopatia che, negli ultimi anni, anche in Italia è andata sempre più diffondendosi. Alcuni studi hanno studiato l’effetto di uno specifico rimedio omeopatico il “Rhus Tox” con risultati variabili: è necessario però chiarire che tale trattamento non è adatto a tutti i pazienti, ma solo ad una piccolo sottogruppo con caratteristiche ben definite.

La terapia non farmacologica che negli ultimi anni ha però radicalmente cambiato l’approccio terapeutico e la prognosi della FM è certamente la terapia di rilassamento muscolare: training autogeno di Schultz, terapia cognitivo-comportamentale, terapia di rilassamento basata su tecniche ericksoniane. Le prime due tecniche di rilassamento hanno un limite nella scarsa adesione dei pazienti al programma terapeutico a causa della lunga durate dello stesso e della complessità dell’approccio. La terapia di rilassamento di tipo ericksoniano (terapia breve) è invece preferibile per la rapidita’ dell’effetto terapeutico (entro la quinta seduta) per l’efficacia su tutti i parametri esaminati (numero di punti tender, disturbi del sonno, astenia, dolore globale) e per la durata dell’effetto almeno fino al 6° mese dal termine del trattamento.

Può essere utile la fitoterapia per il trattamento della Fibromialgia?

Per chi ama la medicina naturale ed in particolare le erbe medicinali, è stato proposto il seguente infuso che sembra essere efficace su alcune delle manifestazione della FM, e quindi può risultare utile come supporto ad altre terapie:

  • Panax quinquefolium 2 parti
  • Astragalus mongolicus 2 parti
  • Angelica sinensis (Dong quai) 2 parti
  • Ginko biloba 1 parte
  • Cimicifuga racemosa (Black cohosh) 1 parte
  • Passiflora incarnata (Passion flower)1/2 parte
  • Betonica officinalis (Wood betony) 1/2 parte
  • Matricaria chamomila (Chamomile) 1/2 parte
  • Zizyphus sativa (Jujube red dates) 1/2 parte

Questa tisana agisce come tonico contro la stanchezza cronica, l’ansia, la cefalea, i disturbi del sonno e ripristina il flusso sanguigno alle estremità. E’ consigliabile assumerla due volte al giorno lontano dai pasti alla dose di un cucchiaino da tè. Poiché alcuni componenti sono difficili da reperire in Italia (tale formulazione è tratta da un testo americano) è possibile sostituirli con componenti dalle caratteristiche simili.

L’attività fisica è indicata nella Fibromialgia?

In numerosi testi specialistici, anche recenti, si legge che l’attività fisica e la ginnastica sono fondamentali per la terapia della FM. In realtà molti pazienti fibromialgici hanno riferito un netto peggioramento dei sintomi (dolore e stanchezza) con l’attività sportiva, tale da doverla per lo più sospendere: questo in effetti non stupisce in quanto l’aumentata tensione dei muscoli dei pazienti fibromialgici provoca una diminuzione del flusso sanguigno con conseguente deficit di ossigeno e minore capacità di sopportare lo sforzo. D’altra parte la immobilità, come già ricordato, porta ad un marcato aumento della rigidità muscolare e del dolore. Per tali motivi la raccomandazione da fare ai pazienti con FM è quella di svolgere senza limitazioni le normali attività quotidiane (purché non troppo gravose), evitare prolungati periodi di inattività e dedicarsi ad attività sportive moderate in base all’allenamento del singolo soggetto: occorre in pratica mantenersi in movimento senza raggiungere il limite di affaticabilità del muscolo. Per coloro che ne hanno la possibilità è consigliata l’attività motoria in acqua termale, che aiuta molto a rilassare la muscolatura.

Esiste una dieta per la Fibromialgia?

Numerosi pazienti affetti da FM hanno riferito un miglioramento dei sintomi nel corso di diete a basso contenuto di grassi che stavano seguendo per perdere peso. Non esiste una dieta specifica per la FM, ma certamente per una patologia che si esprime con dolore e stanchezza muscolare l’alimentazione ha un ruolo decisivo. Delle numerose proposte di regimi dietetici quella che più corrisponde alla esperienza di numerosi pazienti è quella del Dr. Thomas Weiss, il quale ha recentemente pubblicato un testo monografico sull’argomento (non disponibile però in italiano), del quale vengono riportate le indicazioni principali nel nuovo sito dei Fibroamici (vedi sezione Links).

I consigli alimentari utili ai pazienti affetti da FM possono quindi essere così riassunti:

 

  1. ridurre il più possibile lo zucchero, specie se bianco e raffinato, dunque anche i dolci, merendine, marmellate industriali; impiegare di preferenza lo zucchero di canna non raffinato
  2. una dieta vegetariana (con l’adeguato apporto di proteine vegetali) o comunque con pochissima carne rossa è più favorevole, data la scarsa capacità di drenaggio delle tossine dai tessuti, propria del fibromialgico. Fonti di proteine animali da preferire: pesce, pollame, coniglio, uova, latticini e formaggi se non si hanno intolleranze al lattosio o colesterolo alto.
  3. mangiare molta frutta e verdura fresca di stagione, meglio se da agricoltura biologica, per l’azione antiossidante delle vitamine e per l’apporto di sali minerali.
  4. ottimo l’impiego di cereali integrali (pasta integrale, riso, farro ecc.) ben cotti; in presenza di disturbi gastrointestinali, questi andranno introdotti nella dieta poco a poco, all’inizio con tempi di cottura ancora più lunghi. Meglio condirli con olio d’oliva (per la presenza di vitamine e acidi grassi insaturi) e ci si può sbizzarrire nell’uso di tutte le erbe aromatiche. Da limitare l’impiego delle solanacee (pomodori, melanzane, patate, peperoni) perchè facilmente scatenanti reazioni di intolleranza alimentare con manifestazioni a livello muscolare.
  5. ridurre l’apporto di sale per evitare i ristagni e gli edemi, frequenti nella FM; per la stessa ragione, bere molto: non bevande zuccherine (Coca Cola, aranciata ecc.) nè succhi di frutta ma preferibilmente acqua, infusi, tisane. Limitare l’uso di caffè e tè, preferire il tè verde e l’orzo o il malto. Non ha controindicazioni un bicchiere di vino ai pasti, meglio se rosso (ha proprietà antiossidanti); evitare invece i superalcolici. Per supplire alla mancanza del caffè è possibile utilizzare altre sostanze che diano più tono senza eccitare il sistema nervoso: complessi vitaminici, la pappa reale, l’alga spirulina (quest’ultima a condizione che il fegato sia in buone condizioni, e non per lungo tempo). Poco indicato invece il Ginseng: è un tonico efficace, in genere, ma nella FM può aumentare la contrattilità muscolare e il livello di dolore, ed eventualmente le difficoltà a riposare la notte.

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Metodo Mezieres, Articolo da non perdere
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Metodo Mezieres, Articolo da non perdere… Questo scritto si occupa del rivoluzionario metodo ortopedico elaborato da Françoise Mézières a partire dal 1947, comunemente conosciuto con il termine di Riabilitazione Morfologica o Posturale.
( Metodo Mezieres, Articolo da non perdere )

 

In un epoca in cui il crescente successo riscosso da questo metodo favorisce i plagi e i frequenti stravolgimenti, uno sguardo sulle basi anatomo-fisiologiche e correttive del metodo, farà riflettere il lettore sulla sua complessità teorica e applicativa. Ancora molte persone ritengono che il Metodo Mézières sia un semplice stiramento isolato della catena muscolare posteriore, questa credenza è spesso diffusa tra medici e colleghi che leggendo qualche manuale “credono”di conoscere il metodo e fieri di questa pseudoconoscenza, lo applicano in maniera statica e meccanica senza essere al corrente delle mille sfumature e varianti che bisogna conoscere nell’applicazione delle regole in relazione al paziente da trattare. Il Metodo Mézieres originale è invece un metodo vivo e dinamico, basato soprattutto sull’esperienza, trasmesso dalla mano dell’ insegnante alla mano discepolo che impara così a modellare il corpo dal vivo, senza i limiti delle parole e delle immagini stampate.
L’ autore del sito esorta dunque i colleghi a seguire i corsi di formazione tenuti in Italia da docenti qualificati, in modo da apprendere dettagliatamente l’uso di questa tecnica estremamente delicata.

 

Metodo Meziere – ITA Official Group Forums

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Ho in alta stima coloro che, generazione dopo generazione, mi succederanno e il cui lavoro contribuirà all’arte naturale del guarire.

Ippocrate (435 a.C.)

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Storia del Metodo Françoise Mézières
Nel 1937 Françoise Mézières si diploma come Terapista della Riabilitazione presso l’ Ecole Francaise d’Orthopedie, dove rimane per lavorare in qualità di Terapista, soprattutto nel campo della ginnastica medica.
Nascita del Metodo
Il Metodo Mézières nasce nel 1947, a seguito dell’osservazione di una paziente affetta da ipercifosi e da una grave forma di periartrite scapolo-omerale bilaterale che limitava qualsiasi movimento naturale degli arti superiori. La paziente inoltre portava da tempo un corsetto in ferro e cuoio che gli aveva procurato molte ulcerazioni sulle spalle e sulle anche. Naturalmente la paziente si era rivolta alla terapista per il dolore e la limitazione funzionale degli arti superiori che gli impedivano anche i più banali gesti della vita quotidiana ( cucinare, pettinarsi etc.) . In un primo momento la Meziérès decise di lavorare da seduta ma la paziente era talmente rigida che era impossibile tenere questa posizione.

 

 

 

Metodo Mezieres, Articolo da non perdere !

 

Fece ripetere questo lavoro diverse volte ma la risposta fu sempre uguale. Da questa osservazione Mézières concluse che:
1) I numerosi muscoli dorsali si comportano come un solo muscolo.
Prima Osservazione
I numerosi muscoli dorsali si comportano come un singolo muscolo, questa è stata la constatazione di ciò che la Mézières vide prodursi sulla colonna vertebrale della sua paziente. Inizialmente non seppe darsi una risposta, in seguito, ripreso lo studio dell’anatomia, vide che i numerosissimi muscoli poliarticolari della colonna, e non solo quelli, erano intricati tra loro, come se si sovrapponessero come le tegole di un tetto formando una catena muscolare. E’ facile visualizzare questa catena muscolare guardando i muscoli superficiali del dorso, dove vediamo le ultime inserzioni del trapezio ricoprire le prime inserzioni del gran dorsale, quindi per formare queste catene ci vuole una sovrapposizione di muscoli adiacenti da punto di vista inserzionale.
2)  Questi muscoli sono troppo forti e troppo corti.
Seconda Osservazione
Il secondo punto è proprio una conseguenza del primo, perché è a causa di questa organizzazione dei muscoli in catene che il tono muscolare dei vari segmenti adiacenti tra loro si somma e alla fine questi risultano troppo forti e troppo corti. Non esiste un movimento che noi possiamo fare naturalmente senza influenzare la catena posteriore. Quando flettiamo o abduciamo il braccio oltre i 60°, o quando estendiamo o abduciamo l’arto inferiore oltre i 45°, i muscoli della catena posteriore si accorciano. La somma di queste continue contrazioni concentriche della muscolatura posteriore fa si che alla fine questi muscoli risultino troppo forti e troppo corti. M. diceva che nei suoi 43 anni di esperienza professionale non aveva mai visto una patologia la cui causa (a parte le fratture nelle patologie congenite) non fosse dovuta ad un eccesso di tensione della muscolatura posteriore.

 

  • Qualsiasi azione localizzata sia in allungamento che in accorciamento provoca istantaneamente l’accorciamento dell’insieme della muscolatura.
Terza Osservazione
Le catene muscolari si comportano in modo caratteristico, infatti qualsiasi azione localizzata sia in allungamento sia in accorciamento provoca istantaneamente un accorciamento dell’insieme della muscolatura. Mézières aveva notato che un paziente a cui vengano sollevate le gambe fatica molto a tenerle estese e tende a flettere le ginocchia. Se la flessione delle ginocchia viene impedita, si osserva che il paziente tende a sollevare il bacino. Questo perchè qualsiasi modificazione della lunghezza di un elemento del sistema muscolare produce una trazione sulle inserzioni prossimali dell’elemento successivo. Tutto questo conferma l’inutilità del lavoro segmentario.
Per eliminare i compensi la Meziérères decise di porre la paziente sdraiata supina con le gambe a squadra. Grazie a questa postura, che impediva i compensi, concluse che:

 

  • Qualsiasi impedimento all’allungamento provoca istantaneamente delle latero-flessioni e delle rotazioni del rachide e degli arti.
Quarta Osservazione
Il quarto punto è una diretta conseguenza dell’orientamento inserzionale dei muscoli, le loro inserzioni non sono infatti rettilinee ma oblique. In base alla loro obliquità hanno un effetto di latero-flessione e di rotazione. Normalmente per ogni muscolo si ricorda la sua direzione di lavoro prevalente, ma i muscoli poliarticolari svolgono dei movimenti pluridirezionali, sono flessori in senso anteriore o posteriore, sono lateroflessori e sono rotatori interni ed esterni. Queste azioni si sostituiscono le une alle altre, quindi quando ne viene impedita una si manifesta l’altra. Ad esempio consideriamo il semitendinoso e il semimembranoso che sono flessori e intrarotatori del ginocchio, se viene loro impedita la possibilità di effettuare la flessione agiranno come rotatori interni. La rotazione che viene prodotta come compenso è sempre una rotazione interna. Riprendendo l’esempio del paziente supino con le gambe a squadra, se impediamo al bacino di sollevarsi da terra e chiediamo l’estensione delle ginocchia nel caso in cui la muscolatura posteriore non ha una lunghezza sufficiente per sopportare questo aumento di tensione si verificherà una rotazione interna delle ginocchia. Così quando chiediamo una flessione anteriore del tronco, se la muscolatura posteriore è troppo corta tutta la lunghezza della muscolatura dorsale sarà ottenuta a scapito degli arti inferiori; quindi vedremo prodursi o la flessione delle ginocchia o, a ginocchia estese, una rotazione interna delle ginocchia stesse. E’ dunque di fondamentale importanza nella correzione posturale considerare la triplice funzione dei muscoli. Bisogna ricordare inoltre che i pronatori e i rotatori interni nella scala filogenetica sono i muscoli più antichi e dunque i più sviluppati, (basta pensare al solo gesto di prendere del cibo e portarlo alla bocca) pertanto prevalgono sui supinatori e sui rotatori esterni.
5) L’allungamento, la derotazione, il dolore, qualsiasi sforzo da parte del paziente provoca un blocco respiratorio in inspirazione.
Quinta Osservazione
Mézières osservò che un paziente durante un qualsiasi sforzo o per un allungamento, un dolore, una derotazione, si bloccava in fase di inspirazione con conseguente blocco del diaframma. Se osserviamo un soggetto con un blocco inspiratorio vediamo il torace proiettato in alto e in avanti con le ultime coste molto sporgenti. Nel tratto dorsale le coste si articolano con le vertebre e le inserzioni costali e vertebrali del diaframma aumentano questa loro interdipendenza con il risultato che se le coste sono proiettate in avanti, le vertebre seguono e si infossano determinando così una lordosi e quindi un accorciamento posteriore. E’ fondamentale mobilizzare il diaframma nella espirazione, perché se non riusciamo ad aiutare il paziente a liberare la sua respirazione, risulta vano qualsiasi allungamento delle catene muscolari. Il diaframma è un muscolo che lavora in maniera continua è allenatissimo, non è mai debole . Se durante la respirazione la sua azione non è sufficiente, è perché ci possono essere dei blocchi funzionali delle strutture proprie del diaframma o di quelle a distanza che ne limitano il suo normale funzionamento. Ancora oggi, nella clinica respiratoria, si cerca di risolvere il problema attraverso una rieducazione del diaframma, come se nono sapesse respirare!!! La soluzione di questo problema si ottiene invece con la liberazione delle strutture proprie del diaframma e di quelle a distanza che gli impediscono di funzionare liberamente.
Queste sono le cinque osservazioni più importanti della Mézières, ne verificò la veridicità per due anni prima di rendere pubbliche le sue osservazioni attraverso uno scritto ” Rivoluzione in Ginnastica Medica ” pubblicato nel 1949.
Rivoluzione in Ginnastica Medica
La ginnastica tradizionale è fondata sul concetto, non discriminativo, di debolezza muscolare.
Nel migliore dei casi, la ginnastica correttiva tradizionale, attraverso un lavoro analitico, effettua un rinforzo muscolare concentrico della muscolatura anteriore ipotonica, e cerca di allungare attraverso stiramenti analitici la muscolatura posteriore. Questo approccio è destinato all’insuccesso per il semplice motivo che: 1. Lo stiramento analitico della muscolatura posteriore non crea un allungamento permanente, reale e completo di tutta la catena posteriore che rimane invariabilmente accorciata. 2. Ha una bassa specificità, perchè non agisce in maniera selettiva sul muscolo più retratto della catena.3. L’accorciamento della muscolatura anteriore crea un aumento di pressione sulle articolazioni (soprattutto a livello discale) che và a sommarsi a quello posteriore sempre troppo alto. Quindi se l’articolazione prima trovava una via di fuga anteriore all’enorme pressione posteriore, ora e condannata ad una degenerazione ancora più rapida perché compressa in maniera multidirezionale.
Nel peggiore dei casi, la ginnastica correttiva tradizionale, effettua un lavoro isotonico concentrico su tutta la catena muscolare posteriore aggravandone la retrazione.
Mézières cambia radicalmente il concetto di debolezza muscolare, ci insegna che i muscoli della catena posteriore sono deboli quando sono ipertonici, troppo corti e troppo forti. Conseguentemente i muscoli anteriori diventano deboli quando sono ipotonici e rilasciati.
Per un corretto approccio terapeutico deve essere fatta questa discriminazione fondamentale. I muscoli della catena posteriore devono essere allungati attraverso delle posture eccentriche alle quali viene associato un lavoro isometrico, contemporaneamente i muscoli anteriori ipotonici verranno esercitati da un lavoro isometrico concentrico. E’ la stessa postura eccentrica che permette un ” travaso di tono” dai muscoli posteriori ipertonici ai muscoli anteriori ipotonici.
  • In un corpo sano la funzione governa la struttura.
  • In un corpo malato la struttura governa la funzione.
Il Metodo Mézières normalizza tutti i problemi osteo-articolari e morfologici perché agisce sulla struttura per recuperare forma e funzione. Questa è un’altra differenza fondamentale con la chinesiterapia classica che lavora sulla funzione (movimento) per recuperare la forma, ma la modificazione della cattiva forma non si può ottenere che agendo sulla struttura che determina contemporaneamente il recupero della funzione. Grazie alla correlazione forma struttura funzione, il Metodo Mézières si può considerare ben più di un metodo ortopedico.
Si fa prima a deviare il corso di un fiume che a far capire la verità a coloro che ricavano profitto dall’ ignorarla
Cit: Grevilee

 

 

FISIOLOGIA muscolare
Francoise Mézières ha dimostrato che l’intera struttura muscolare è funzionalmente organizzata in “catene muscolari”. Attraverso uno studio approfondito dell’anatomia Mézières notò che la funzione di un muscolo non poteva essere limitata dai sui punti di inserzione. Osservando i muscoli nell’insieme scoprì che i confini di ogni singolo muscolo (funzionalmente parlando) non terminano in realtà laddove si inseriscono, ma prolungano la loro possibilità d’azione grazie ai punti d’inserzione dei muscoli contigui. Qualsiasi movimento non può essere eseguito tramite l’utilizzo di un singolo muscolo e non avviene solo su un singolo piano, come viene rigidamente schematizzato su ogni manuale di chinesiologia. Ogni “movimento reale” è sempre il risultato di un reclutamento variabile di più muscoli che lavorano contemporaneamente su molteplici piani.

 

Comportamento visco-elastico del muscolo
Da quanto esposto sopra, si può comprendere quanto sia difficile ottenere un “allungamento reale”, stabile e duraturo di un un muscolo cronicamente accorciato all’interno di una catena muscolare. Quando ci troviamo di fronte ad un problema di retrazione muscolare è indispensabile conoscere perfettamente il comportamento elastico del muscolo. Quando si stira un muscolo oltre la sua lunghezza di riposo, appare una tensione che cresce rapidamente con l’estensione. Nel momento in cui inizia ad entrare in funzione il carico l’allungamento viene attuato in due tempi:
  • Il primo immediato, ad effetto rapido.
  • Il secondo lento e prolungato che porta poi alla lunghezza definitiva.
Tenendo in considerazione che il muscolo ha un comportamento di tipo “visco-elastico”, il suo allungamento guadagnato risponde all’equazione:
Indice di deformazione (Creep o Fluage) =  Forza Applicata/ coefficiente di elasticità x Tempo.
Quindi più un muscolo è elastico, più il suo coefficiente di elasticità è alto e dunque si deformerà più difficilmente rispetto ad un muscolo accorciato il quale, avendo un coefficiente di elasticità molto basso, si deformerà per primo. Un altro parametro da tenere in considerazione è il tempo. Il Fluage è direttamente proporzionale al tempo impiegato per allungare una catena quindi, la ginnastica rieducativa classica che si basa sul movimento e sull’allungamento settoriale, non può ottenere un allungamento reale e completo di tutta la catena (vediRivoluzione in Ginnastica Medica).

 

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Come si può vedere dal grafico dopo l’applicazione di una forza c’è una deformazione elastica istantanea OA (prima deformazione elastica, istantanea). A questa segue poi una deformazione ritardata AB (seconda deformazione, lenta). Quando in T1 la forza cessa d’agire, c’è una parziale caduta da B a C1, seguita da un ritorno ritardato da C1 a D, nel tempo T2. Il tratto DE rappresenta la deformazione permanente, l’allungamento realmente guadagnato, alla fine di un ciclo carico-scarico. E’ evidente che il Creep AB comprende due componenti che si distinguono soltanto nel Creep di ritorno. La componente elastica da C1 a C2 è recuperabile e viene chiamata “Deformazione Primaria o Creep Primario”. La componente viscosa da C2 a C3 non è recuperabile e viene chiamata “Deformazione Secondaria o Creep Secondario”, e rappresenta l’allungamento guadagnato DE. Da questo semplice grafico si può capire che che la soglia di deformazione non è facile da raggiungere perchè, essendo qualsiasi forma di stiramento muscolare disgregabile, il paziente tende a sottrarvisi attraverso compensi involontari anche in parti del corpo molto lontane dal segmento da allungare. Per questo motivo il metodo Mézières è stato definito molto spesso come una “caccia ai compensi”. Quando chiediamo un movimento perchè cerchiamo di lavorare su una determinata parte del corpo e quindi su una determinata parte della catena, dobbiamo guardare che cosa succede, quali sono i compensi che si producono altrove. Se ad esempio chiediamo al paziente di inclinare la testa perché vogliamo correggere le vertebre cervicali, oltre ad osservare la testa mentre compie il movimento, dobbiamo guardare le modificazioni della forma a livello del torace, del bacino, degli arti, perchè è altrove che si creano gli accorciamenti come risposta compensatoria all’allungamento della parte superiore della catena; ovviamente è importante impedire questi compensi.

 

Deformazione Muscolare

 

Nel grafico precedente abbiamo visto quanto sia complesso raggiungere la soglia di deformazione muscolare. Quando stiriamo un intero segmento di una catena le cose si complicano perché tutti i muscoli che lo compongono saranno sollecitati, a livello della loro“perfetta elasticità”, prima di raggiungere la soglia di deformazione del muscolo che risulta meno elastico. Occorre dunque esercitare una sufficiente tensione per raggiungere questa soglia. I muscoli retratti (con un coefficiente di elasticità basso), possedendo una soglia di deformazione più bassa, si deformeranno per primi e in maniera più considerevole dei muscoli più elastici.

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L’immagine mostra, sul lato destro, una catena muscolare con coefficiente di elasticità variabile: Il IV muscolo, che ha il coefficiente di elasticità più alto, è il più elastico e pertanto si deformerà per ultimo. Il III muscolo, che ha il coefficiente di elasticità più basso, è il più retratto e pertanto si deformerà per primo. Il I e il II , che hanno un coefficiente di elasticità nella media, si deformeranno prima del IV ma dopo del III. Volendo essere più precisi l’ordine di allungamento sarà dunque il seguente: muscolo III, II, I, IV. L’immagine mostra, sul lato sinistro, come viene reso possibile l’allungamento reale dei muscoli facenti parte della stessa catena. La contrazione isometrica eccentrica, effettuata grazie alla messa in tensione degli estremi della catena, svolge due ruoli particolarmente importanti:
E’ l’unica contrazione in grado di costruire sarcomeri in serie all’interno del muscolo, formando un muscolo fusiforme, elastico, realmente lungo. Infatti la contrazione isotonica concentrica induce la neoformazione di sarcomeri in parallelo rendendo il muscolo corto, voluminoso e resistente all’allungamento. D’altra parte lo streching selettivo tradizionale aumenta solamente la lunghezza dei sarcomeri presistenti, non migliorando realmente e stabilmente la lunghezza del muscolo. (ved inoltre lo Streching analitico).

 

Streching Analitico
Non dobbiamo farci trarre in inganno dal fatto che, quando facciamo un allungamento analitico (streching classico), sentiamo stirare i muscoli: non ha alcun significato importante, perché:
1. Lo streching determina un allungamento dei sarcomeri presistenti provocando un allungamento fittizio del muscolo, rapidamente perso con il riposo. Ecco come si spiega il meccanismo per cui un atleta che ha fatto streching analitico per anni, se rimane a riposo per alcune settimane, vede la propria elasticità ridursi notevolmente.
2. Un allungamento settoriale che non sia associato ad unallungamento globale sarà elaborato dai centri nervosi superiori come un elemento destabilizzante della postura.Questa “destabilizzazione posturale”, registrata dal sistema recettoriale muscolare, sarà interpretata dai centri tonogeni superiori come una condizione metastabile che dovrà essere aggiustata rapidamente, attraverso il controllo della sistema osteo/muscolo/articolare, con il ripristino della condizione posturale precedente o con un nuovo equilibrio instabile. E’ dunque fondamentale allungare contemporaneamente tutti i muscoli che costituiscono la catena muscolare attraverso delle posture eccentriche, mettendo cioè in tensione le due estremità della catena, ed effettuare delle contrazioni isometriche. Questa procedura, dilacerando il connettivo e formando sarcomeri in serie, riduce stabilmente la resistenza passiva muscolare, rendendo i muscoli realmente lunghi, elastici e fusiformi. La contrazione isometrica eccentrica permette inoltre di agire sul tessuto connettivo profondo; dall’immagine si può vedere infatti come il sistema connettivale muscolare, filamenti di congiunzione e giunzioni miotendinee, venga dilacerato in maniera profonda e totale rendendo l’allungamento guadagnato ancora più importante.
Noi tutti sappiamo che la forza passiva di un muscolo dipende dal numero e dalla lunghezza dei sarcomeri, oltre che dalla quantità di tessuto connettivo che costituisce il muscolo stesso. Da quanto esposto sopra si evince dunque che il Metodo Mézières è l’unico in grado di diminuireefficacemente la resistenza passiva muscolare perché agisce in maniera impeccabile sia sui sarcomeri sia sul tessuto connettivo.

 

 

neurofiologia
Controllo Riflesso della Postura

 

Il termine “Postura”, già presente nella nostra lingua a partire dal 1200, è stato utilizzato per la prima volta ne Rinascimento da Redi nel suo “Trattato di Anatomia Umana” per definire: “..un atteggiamento abituale del corpo o di parti di esso.” Essendo la posturologia un ramo della scienza a carattere multidisciplinare, non è senz’altro questa la sede più idonea per approfondire nei dettagli questo argomento molto complesso. Basti comunque sapere che se la stazione eretta normalmente non necessita di alcuna contrazione muscolare, il riequilibrio, essendo una funzione attiva, necessita invece di una contrazione muscolare che nasce obbligatoriamente dall’interazione del Sistema Cibernetico (insieme delle vie afferenti ed afferenti del Sistema Nervoso) con l’apparato osteo-artro-muscolare.
Sistema Cibernetico
Una parte del sistema cibernetico estremamente importante per la regolazione della postura è rappresentato dal “Complesso Recettoriale”. Esistono 2 tipi di sistemi recettoriali:
  • Il Sistema Esterocettore : raccoglie un insieme di informazioni provenienti dall’ambiente esterno, grazie alle quali siamo in grado di adattare continuamente la nostra postura in funzione dell’ambiente che ci circonda. Fanno parte di questo sistema la vista e il sistema di orientamento ed equilibrio dell’orecchio interno (Sistema Vestibolare).
  • Il Sistema Enterocettore : raccoglie un insieme di informazioni provenienti direttamente dall’interno del nostro corpo (visceri, muscoli, tendini, fasce, legamenti, etc.). A questo proposito, analizzeremo ora in modo più approfondito il sistema dei “Fusi Neuromuscolari”.

I fusi neuromuscolari sono le strutture deputate al controllo del tono muscolare, quello stato cioè di di leggera tensione presente nei muscoli striati a riposo. Paralleli alle fibre dei muscoli striati, sono di due tipi: i fusi a sacco e i fusi a catena. Nell’uomo predominano le fibre a catena. Queste sono montate in parallelo sulle fibre a sacco.

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Innervazione Sensitiva
  1. Le Fibre a Sacco sono innervate dalle fibre nervose mieliniche  di grosso calibro (da 12 a 20 micron) che si avvolgono intorno al sacco e intorno alle fibre a catena.
  1. Le Fibre a Catena sono innervate in modo specifico, dalle fibre nervose mieliniche II, più sottili (da 4 a 12 micron) che si avvolgono esclusivamente intorno ad esse.
  1. I Corpuscoli del Golgi sono innervati invece dalle fibre mieliniche di tipo Ib.
Innervazione Motoria
  1. Le Fibre Gamma 1 innervano le fibre a sacco.
  1. Le Fibre Gamma 2, più sottili, innervano le fibre a sacco e a catena.
  1. I Motoneuroni Alfa innervano invece le fibre extrafusali.
Parleremo ora più dettagliatamente dei più importanti riflessi posturali attivati da questo complesso sistema recettoriale:
  • Riflesso Miotatico Diretto (o R. da Stiramento). Viene così chiamata la contrazione riflessa di un muscolo, nel momento del suo stiramento. Troviamo questo riflesso in ogni muscolo flessore od estensore che sia. Si può considerare un meccanismo di autoregolazione della lunghezza muscolare, capace di regolare il buon svolgimento di un muscolo, o di assicurare il mantenimento di una postura. Il riflesso miotatico, che teoricamente è riferito soltanto al muscolo stesso, può anche essere accompagnato dall’inibizione del riflesso miotatico dei muscoli antagonisti. Il suddetto riflesso è originato dalle fibre di tipo A, che involgono i fusi neuromuscolari a sacco e a catena, e rispondono a una soglia di attivazione di 3 grammi. Si tratta di un riflesso a conduzione rapida, poiché monosinaptico, ad emissione fasica, tributario del grado di tensione del muscolo, e della sua rapidità di risposta (reagente ad un minimo stimolo).
  • Riflesso Miotatico Inverso. Bisogna ricordare che al di là di un certo limite di tensione del muscolo, il riflesso miotatico cede bruscamente. L’attivazione dei motoneuroni fa posto alla loro inibizione, mentre sono attivati i motoneuroni dei muscoli antagonisti. Si tratta pertanto

di un autoinibizione di un muscolo stirato. Questo riflesso partecipa alla elaborazione delle contrazioni programmate, nella misura in cui, mentre il muscolo si contrae, la tensione che esso impone ai suoi antagonisti, facilita la propria contrazione. Il suddetto riflesso è originato dalle fibre Ib disinaptiche che emanano dai Corpuscoli del Golgi, diffusi nel tendine. Questi corpuscoli sono disposti in serie, in rapporto al muscolo, e sono, quindi, dei recettori di tensione, mentre i fusi possono essere considerati dei recettori di lunghezza. I recettori del Golgi sono sensibili a una tensione che va dai 100 ai 200 grammi. La loro soglia di attivazione è pertanto molto più alta di quella fusale. Come vedremo più avanti il Metodo Mézières è basato fondamentalmente su questo tipo di riflesso(vedi inoltre I Riflessi Antalgici).

 

I Riflessi Antalgici
Francoise Mézières prendeva in seria considerazione il rapporto tra i riflessi antalgici e le modificazioni posturali (compensi e deformazioni) che generavano da essi. Non esiste possibilità di sopravvivenza senza meccanismi efficaci di difesa. Questi meccanismi devono soddisfare 3 leggi:
  1. Legge del dell’equilibrio: Equilibrio fisico, biologico (omeostasi), ma anche mentale. L’equilibrio perfetto, cioè l’immobilità, non esiste. Esso può essere solo attivo e dinamico.
  1. Legge dell’economia: Tutte le funzioni di base (respiratoria, circolatoria, digestiva, statica, locomotoria), devono spendere poca energia.
  1. Legge del Comfort (o del Non Dolore): L’uomo non sopporta di vivere con informazioni essenzialmente nocicettive; il suo rifiuto di soffrire può arrivare fino alla scotomizzazione  (suicidio).
Quando dunque interviene un fattore perturbatore dell’equilibrio (es. un trauma sia esso psichico,viscerale o osteo-arto-muscolare), il sistema si organizzerà in modo da evitare il dolore e ripristinare, per quanto sia possibile, l’omeostasi perduta. Il neoequilibrio non è possibile se non attraverso meccanismi di compenso (deformazioni), che però vanno a discapito della legge dell’economia perchè richiedono un maggior dispendio energetico. Nei casi più gravi, la legge del non dolore può contestare la legge dell’equilibrio al punto tale che il soggetto dovrà restare a letto. I meccanismi di difesa, responsabili dei compensi, sono possibili grazie a due tipi di riflessi:
  • I Riflessi antalgici a priori : sono riflessi che intervengono ancora prima che il dolore venga corticalizzato. Essi trovano il compenso adatto che eviti il manifestarsi del dolore stesso
I Riflessi Antalgici a Priori
Secondo F. Mézières, un paziente che giunge da noi manifestando del dolore, evidenzia un’algia che è la conseguenza di altri dolori nascosti, occultati da riflessi antalgici precedenti. Questi riflessi, che sono reazioni che precedono il segnale doloroso, sono i responsabili di tutte quelle compensazioni che il nostro corpo mette in atto per non soffrire. Tutte le volte che un paziente arriva da noi e come se si portasse dietro delle “valigie piene di compensazioni” che lui stesso ignora. Il Mezierista “apre” queste valigie per trovare il problema iniziale da cui scaturiscono tutte queste compensazioni. E’ chiaro che tutti gli approcci globali si preoccupano di andare alla ricerca della “lesione primaria”, usando strategie differenti . Ricordiamo infatti che la lesione primaria è anche la preoccupazione principale dell’osteopata, dell’omeopata, dell’agopunturista che tentano di risolvere il problema rispettivamente con: la giusta manipolazione , il rimedio omeopatico più opportuno, l’ago unico. F. Mézières, al contrario, prende tempo. Il tempo necessario per instaurare un dialogo, per leggere la storia raccontata dal corpo, un corpo che si esprime un pò alla volta. Spesso ribelli, le fasce reagiscono, i muscoli tremano, hanno dei crampi, poi improvvisamente cedono ….Cedono mentre appaiono nuove barriere….Pazientemente F. Mézières tenta di estirpare ciò che il corpo ha invece represso. Nel migliore dei casi, è l’inizio di un viaggio lento e paziente, in cui la lesione o le lesioni primarie si lasciano affrontare per ritrovare l’armonia perduta. “Non pensavo di sentire dolore in questo punto, ero venuto per un altro dolore.” E’ una frase che abbiamo sentito spesso durante il mantenimento delle posture, durante il massaggio o l’esplorazione dei tessuti. L’osservazione delle grinze”, ossia lo studio delle compensazioni e l’esplorazione dei tessuti, rivela i problemi nascosti solo in parte. F. Mézières allora inizia la sua indagine per vedere dove tutto si è generato. Durante il lavoro evocherà dolori sconosciuti, quei crampi e tremori che cercano ancora di mascherare quello che sta per essere rivelato. Questi compensi segreti del corpo vengono progressivamente scoperti ed estirpati dai nostri muscoli in una vera e propria battaglia. La differenza con gli altri procedimenti globali sta dunque nel tempo. Infatti, quando un muro crolla, non sempre significa che il problema sia stato risolto; qualcosa si è destrutturato. Questa fragilità improvvisa può condurre allora ad altre sofferenze e a nuove compensazioni. Il corpo ha impiegato del tempo a moltiplicare le proprie tensioni, anche nell’ordine di anni. Il lavoro pertanto non potrà essere che lento e paziente: “togliere” uno strato sopra, “ricostruirne” uno sotto. Allora, F. Mézières, si sedeva al suolo, per lungo tempo, senza smettere, prendendo tra le mani il corpo e allentando, nodo dopo nodo, le tensioni presenti, ricostruendo così l’immagine del corpo e la meccanica intorno agli assi e alle spirali di movimento. In questo modo non ci si accorgerà nemmeno che il muro è crollato, poiché una nuova struttura riparatoria sta già nascendo….
  • I Riflessi antalgici a posteriori : sono invece riflessi che intervengono dopo che il dolore viene corticalizzato. Essi trovano il compenso che riduca o, se è possibile, abolisca il dolore.
Riflesso Antalgico a Posteriori
Andremo ora a descrivere la storia di un famoso caso clinico in cui ha giocato un ruolo fondamentale, nella genesi del compenso, il riflesso antalgico a posteriori.
Una mamma presenta il 20/08/74, la sua figliola di 10 anni afflitta da atteggiamento scoliotico oggettivato da radiografie effettuate quattro giorni prima (Radiografia N.1). La madre sostiene che il manifestarsi della deformazione è molto recente, e che il suo apparire è stato improvviso. Una accurata anamnesi permette di venire a conoscenza di una caduta della piccola, avvenuta prima che la deformazione si manifestasse, e che si era apparentemente conclusa con un lieve dolore ai glutei, scomparso in poche ore. Dopo la prima seduta Mézières, praticata il 20/08/74 che rivelò e soppresse il dolore nascosto nella regione glutea, i risultati furono così stupefacenti da richiedere nuove radiografie. Quando il 26/08/74 le stesse furono effettuate, ci si accorse che la colonna vertebrale era ridivenuta perfettamente normale(Radiografia N.2).

 

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                  Radiografia N.1                                       Radiografia N.2

Nella prima radiografia si nota che la testa non è equilibrata perfettamente, il che prova che questo atteggiamento è suscettibile di evoluzione. E’ chiaro che ciò non dimostra quello che ci si può aspettare dal trattamento Mézières sulle scoliosi evolute che necessitano purtroppo di cure attente e prolungate, ma mostra l’esistenza di un riflesso antalgico a posteriori che, per celare un dolore al gluteo, ha creato una compensazione scoliotica. Bastò una sola seduta praticata in tempo sulla causa reale della lesione per risolvere il compenso.
In entrambi i casi, il compenso seguirà uno schema logico: dapprima sarà regionale e, successivamente, se il dolore non verrà abolito, diventerà globale. Tutti i riflessi antalgici, tramite i compensi che generano, hanno la caratteristica di modificare lo schema corporeo. Questo renderà la rieducazione ancora più difficile perché il soggetto integrerà come normale lo schema corporeo scorretto dunque, quando inizialmente chiederemo al paziente di correggere una postura viziata, questi avrà l’impressione che vogliamo imporgli una posizione scorretta. Bisognerà quindi finalizzare il trattamento sulla presa di coscienza del paziente sulle sue deformazioni per ottenere un recupero morfologico ottimale.
Innervazione Motoria
Come accennato precedentemente, l’innervazione motoria delle fibre intrafusali è assicurata dai motoneuroni gamma. L’eccitazione delle fibre gamma I, che sono destinate alle terminazioni primarie, comporta un rinforzo delle risposte dinamiche allo stiramento, senza peraltro rafforzare le risposte statiche. L’eccitazione delle fibre gamma II, destinate alle terminazioni primarie e secondarie, crea una diminuzione e/o la soppressione delle risposte fasiche, e un aumento delle risposte statiche. L’attività dei fusi è dunque permanente. L’interazione delle fibre nervose dei fusi con i motoneuroni alfa (una fibra Ia interagisce con più di cento motoneuroni alfa ) destinati alle sue unità muscolari, forma il famoso“Circuito o Nodo Gamma”.

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Fisiologia dell’attività Gamma
Se la nozione di motricità dei fusi appare indiscussa, il suo ruolo preciso nel contesto della fisiologia muscolare dà àdito a differenti interpretazioni. Alcuni pensano che l’attività gamma regoli la tensione dei fusi, poiché questa aumenta la sua scarica nel momento della contrazione (cioè quando, sotto l’effetto dell’accorciamento del muscolo i fusi rischierebbero di divenire silenti) e poiché essa diminuisce la sua attività nel momento della distensione del muscolo. Altri vedono nel sistema dei fusi un neuromeccanismo, destinato a mantenere costante la lunghezza del muscolo. Nel momento di uno sforzo, e grazie al parallelismo con la motricità alfa, l’attività gamma può assicurare il continuo “aggiustamento” della postura.

Influenze Esterocettive

Il tono, oltre alla diminuzione in caso di stiramento muscolare accentuato, si riduce sensibilmente quando la pelle è sottoposta a manovre sedanti (massaggio connettivale-riflesso).

Conclusioni

Il Metodo Mézières è basato sul sistema propiocettivo di inibizione (riflesso miotatico inverso), che inibisce gli agonisti facilita gli antagonisti e si attiva ad una soglia  del tendine con un peso compreso fra i 100 e i 200 grammi. La trazione stabile sui muscoli posteriori troppo forti porta dunque al recupero dei muscoli anteriori troppo deboli. Si potrebbe concludere parafrasando la stessa Mèzières che diceva: ” Io non rafforzo mai un muscolo, stiro il suo antagonista.” Inoltre, da quanto esposto in queste pagine, deriva una conseguenza di grande importanza: “la postura e il movimento umano non sono programmati geneticamente”, ma vengono modificati dalla nostra stessa volontà, dalle circostanze della vita, soprattutto dalle complicanze post-traumatiche a carico dell’immagine corporea, intendendo con ciò la conoscenza che abbiamo del nostro corpo in relazione all’ambiente che ci circonda (dimensione spazio-temporale). Del resto, le aggressioni più pericolose, più destabilizzanti, sono quelle subliminari, non coscienti, ripetitive, (ad es: le aggressioni psichiche quotidiane), a carico del sistema osteo-arto-muscolare e viscerale. I meccanismi di difesa sono tanto perfetti e sottili da camuffare l’aggressione così che essa non arrivi più a livello cosciente. Le aggressioni, soprattutto se ripetitive, scateneranno una vigilanza costante, permanente, per cui l’ipertono diverrà costante, i nostri muscoli saranno dunque condannati ad rigidità permanente.
Le quattro catene muscolari
Le catene muscolari sono rappresentate da una serie di muscoli contigui tra loro, ogni singolo muscolo rappresenta un anello della catena che abbraccia l’intera struttura corporea. Grazie a queste acute osservazioni Mézières raggruppò il sistema muscolare in quattro catene:
  1. La Catena Posteriore.
  1. La Catena Antero-Inferiore.
  1. La Catena Anteriore del Collo.
  1. La Catena Anteriore del Braccio.

Ognuna di queste catene è costituita da specifici muscoli e svolge particolari funzioni che ora andremo singolarmente ad approfondire.

La Catena Posteriore

 

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La Catena Posteriore è la più estesa, è formata da tutti i muscoli profondi e superficiali che vanno dalla linea occipitale alla punta delle dita dei piedi. A livello cranio-sacrale troviamo: 1. Sul piano superficiale: il trapezio e il gran dorsale. 2. Sul piano medio: i romboidi, l’elevatore della scapola e i dentati postero-superiori e postero-inferiori. 3. Il piano profondo può essere suddiviso a sua volta in tre piani : a) Il piano superficiale comprende: l’erettore della colonna a sua volta suddiviso in tre porzioni che prendono nomi specifici in relazione al distretto rachideo nel quale si inseriscono. b) Il piano intermedio è rappresentato dal trasverso spinoso. c) Il piano profondo comprende invece i m. interspinosi e i m. intertrasversi. Sulla regione posteriore dell’arto inferiore troviamo invece il semimembranoso, il semitendinoso, il bicipite femorale, gli adduttori, il popliteo, i gemelli, il soleo, il plantare gracile il tibiale posteriore, i flessori lunghi delle dita ed infine i flessori plantari sulla regione posteriore del piede.

 

 

 

 

La Catena Antero Inferiore
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La Catena Antero-Inferiore è formata dal tendine centrale, dal diaframma, dall’ileopsoas e dalla fascia iliaca. Il diaframma ha inserzioni costali , una inserzione sternale e delle inserzioni vertebrali attraverso due gruppi di pilastri: i pilastri esterni originano sui corpi vertebrali delle prime vertebre lombari e sui dischi adiacenti, i due pilastri interni originano dall’arcata fibrosa dello psoas e dall’arcata del quadrato dei lombi. Quando attraverso i suoi pilastri il diaframma prende punto fisso in alto, sulle coste e sullo sterno, porta la colonna lombare in alto e in avanti, è quindi un muscolo lordosizzante. L’inserzione comune con lo psoas determina ugualmente uno spostamento della colonna verso il basso ma sempre in avanti (riduzione del diametro verticale della colonna lombare), quindi anche l’ileopsoas ha un’azione lordosizzante che si ricollega inoltre al sistema sacro-lombare visto precedentemente, anch’esso ad azione lordosizzante.

 

 

La Catena Anteriore Del Collo

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La Catena Anteriore del Collo è formata dal piccolo e grande retto, dal lungo del collo e dal tendine centrale che collega il rachide cervicale al diaframma e all’asse viscerale. Il piccolo retto va dalla massa laterale dell’atlante all’apofisi basilare dell’occipite, il grande retto va dalle apofisi trasverse di C3-C6 all’apofisi basilare dell’occipite. Il lungo del collo è composto da tre parti: da fibre oblique discendenti, fibre oblique ascendenti e da fibre longitudinali che collegano l’atlante a D1,D2,D3. Si estende quindi dall’apofisi basilare dell’occipite al corpo della terza vertebra dorsale. Quando prende punto fisso in basso porta in avanti il collo aumentando la lordosi cervicale. Quindi i muscoli della catena anteriore del collo pur avendo una inserzione anteriore accorciandosi aumentano la lordosi posteriore.

 

 

La Catena Anteriore Del Braccio

 

 

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La Catena Anteriore del Braccio è composta dal coraco-brachiale, dal bicipite, dal brachiale, dal brachio-radiale, dal lungo supinatore, da tutti i flessori e pronatori dell’avambraccio compresi i muscoli dell’eminenza tenar e ipotenar. Dal punto di vista filogenetico, il passaggio dell’uomo alla stazione eretta ha obbligato la muscolatura anteriore del braccio a lavorare prevalentemente in maniera concentrica, basti pensare al semplice e ripetuto movimento di portare del cibo alla bocca. E’ dunque una catena più predisposta a fenomeni di retrazione. L’accorciamento cronico di questa catena determina una marcata flessione del gomito e una pronazione eccessiva dell’avambraccio alla quale si somma un’ intrarotazione di tutto l’arto superiore ad opera posteriormente del gran dorsale e del gran rotondo (catena posteriore), anteriormente del gran pettorale.

 

forma Perfetta

 

 

La forma del paziente va paragonata alla “forma perfetta”che per Méziéres è quella che corrisponde al “numero d’oro” usato dagli antichi greci nelle sculture del periodo classico. Esso è dato dal rapporto delle misure di due segmenti consecutivi che combaciano come: braccio-avambraccio, coscia-gamba, fronte-naso etc., ed è dato dalla radice quadrata di 5 + 1/2 che è uguale a 1,618 numero periodico, che si ottiene dividendo la misura del segmento più grande per quella del segmento più piccolo, ed è una legge di armonia universale. L’osservazione del paziente viene fatta su diversi piani e con diverse posture.
Paziente in piedi:
  • Osservazione Anteriore: i piedi uniti si toccano dal calcagno alla punta degli alluci, si toccano i malleoli interni, i polpacci le ginocchia e le cosce in alto. Le anche, i capezzoli, le clavicole, le spalle, i processi mastoidei, devono essere allo stesso livello. L’ombelico deve essere al centro dell’addome, non deve essere spostato o ruotato. Le linee laterali del torace sono rettilinee dalla vita all’ascella, i triangoli della taglia perfettamente simmetrici. La testa deve essere perfettamente in asse senza inclinazioni e rotazioni.
  • Osservazione Laterale: i muscoli peroneali devono passare dietro il malleolo esterno, la testa del perone deve essere tra il lato posteriore e laterale della gamba. Il braccio non deve ricoprire la linea del dorso ma devono essere visibili 2/3 anteriori e 1/3 posteriore. La linea sterno-mammillare ( dalla forchetta sternale alla punta del capezzolo) deve essere leggermente obliqua in avanti di circa 45°. La linea mammillo-pubica (dalla punta dei capezzoli al pube) deve essere diritta. Le scapole non devono essere sporgenti e il loro profilo segue quello del dorso. Le ginocchia non devono essere né flesse né recurvate. La testa non deve essere in antepulsione né in retropusione.
  • Osservazione Posteriore: I processi mastoidei, le spalle, gli angoli inferiori delle scapole devono essere sulla stessa linea. La colonna vertebrale deve essere diritta con la linea delle apofisi spinose in asse. Il bacino non deve presentare rotazioni, le creste iliache sono alla stessa altezza. A livello delle gambe dobbiamo trovare le stesse caratteristiche per cui devono toccarsi le ginocchia, i polpacci e i malleoli.

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Forma Perfetta

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Dopo questa osservazione statica si passa ad esaminare il paziente attraverso posture dinamiche, al fine di individuare altre importanti deformazioni che sfuggono ad una analisi statica ( non verranno esposte in questo sito perché troppo tecniche).

posture correttive

Il lavoro correttivo viene compiuto attraverso posture di stiramento assiale, ognuna delle quali, dovendosi adeguare al soggetto da trattare, possiede infinite varianti e sfumature. Con l’applicazione di queste posture il paziente apprende gradualmente come allineare e allungare un corpo che per molteplici ragioni è costretto a deviare dall’asse naturale di riferimento. Le posture dovranno essere mantenute il più a lungo possibile, poiché il tempo gioca positivamente sulle possibilità di allungamento del muscolo e ne diminuisce l’attività tonica. Il paziente potrà progressivamente mantenere la postura per tutta la durata di una seduta, 30 o 45 minuti, ininterrottamente e attraverso un allineamento rigoroso. Allineamento che restituisce alla muscolatura la sua lunghezza fisiologica e al corpo un nuovo schema di utilizzo delle proprie catene muscolari. Attraverso le posture si guadagnerà progressivamente un’ampiezza articolare normale, senza andare oltre il limite della articolarità e mantenendo una buona morfologia. Ecco una serie di posture di base che il mezierista usa quotidianamente per rimodellare il corpo dei suoi pazienti:

 

Postura Eretta, Tronco Flesso in Avanti

 

 

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In questa postura le anche si piegano per portare sullo stesso piano, rigorosamente retto, il bacino, la cintura scapolare, l’occipite. Le ginocchia son portate in derotazione e le mani sono appoggiate al suolo o su uno sgabello, a seconda delle possibilità del paziente. Il blocco diaframmatico in inspirazione deve essere sempre evitato, invitando il paziente ad espirare profondamente in maniera lenta e controllata.

 

 

 

Postura Eretta in Stiramento Assiale

 

 

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In questa postura la sommità del capo viene mantenuta allo zenit. Le spalle sono rilassate, le braccia sono estese ed extraruotate. Il blocco diaframmatico in inspirazione deve essere sempre evitato, invitando il paziente ad espirare profondamente in maniera lenta e controllata, favorendo così una migliore delordosizzazione del rachide lombare attraverso un migliore utilizzo del retto dell’addome. Le ginocchia sono in derotazione e in leggera semiflessione, i piedi e le loro dita sono impegnate nella ricostruzione della volta plantare attraverso una serie di posizioni caratteristiche del metodo, conosciute sotto il nome di “Esercizio Mézières”. Françoise Mézières dava una importanza capitale al piede…..

 

 

 

 

Postura in Decubito Dorsale, Arti Inferiori a Squadra

 

 

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Anche questa postura presuppone un allineamento assiale rigoroso. La testa, portata in retrazione durante l’espirazione, viene corretta da eventuali rotazioni e/o lateroflessioni. Le spalle sono rilassate, gli arti superiori sono distesi lungo i fianchi ed extraruotati. Le coxo-femorali sono flesse a 90°, le ginocchia sono in derotazione mentre il piede è impegnato nell’esecuzione dell’ Esercizio Mézières e di alcune sue varianti.

 

 

 

Le posture viste e descritte in questo modo riduttivo sembrerebbero fin troppo semplici da applicare, ma bisogna considerare l’aspetto più importante del metodo la correzione dei compensi……(vedi esempio correttivo di una Scoliosi)

Scoliosi: Esempio di Trattamento

Andremo ora ad analizzare il trattamento correttivo di un paziente affetto da una scoliosi dorso-lombare:

 

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Il paziente mostra chiaramente una curva dorsale destra e lombare sinistra. Anche se in questa posizione la rotazione vertebrale è accentuata, verrà ugualmente utilizzata perché rappresenta la posizione più favorevole per lo stiramento della catena posteriore. Mézières, in tutta la sua carriera, non aveva mai visto una scoliosi che non derivasse da un accorciamento della muscolatura posteriore. Prima che si formi la curva sul piano frontale è infatti necessario un aumento della curva sul piano sagittale (iperlordosi) e, secondariamente, diventa possibile la latero- flessione e la rotazione vertebrale responsabile della curva scoliotica. Ricordiamo che i muscoli del sistema sacro-spinale hanno tutti una triplice funzione: (soprattutto il trasverso-spinoso) sono estensori, rotatori e lateroflessori. Se si vuole allungare realmente questo complesso muscolare occorre evitare questi compensi…..

 

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Dopo la messa in tensione del paziente l’operatore interviene prontamente per eliminare tutti i compensi favorendo la flessione del tronco in avanti e correggendo tutte le rotazioni e lateroflessioni di compenso che si vengono a formare dal cranio fino al sacro.Intorno alla zona lombare accorciata, bisogna ridurre la lordosi, aprire quest’arco posteriore, rilassare, modellare e ammorbidire anche con l’aiuto del paziente. Tutto questo permetterà un riallineamento delle coste e delle vertebre interessate nella formazione del gibbo. Inoltre con le mani in avanti lontane dai piedi, otteniamo uno stiramento del gran dorsale, che gioca un ruolo fondamentale nella genesi delle scoliosi. Infine la posizione delle gambe viene costantemente controllata impedendo alle ginocchia di scappare troppo in flexum o in recurvatum, i piedi lavorano costantemente per il riequilibrio delle volte plantari.

 

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Il riallineamento assiale può anche essere ripreso con il paziente seduto. Il mézièrista lavora costantemente sui compensi del sistema cranio-sacrale e interviene contemporaneamente sulla correzione del bacino in torsione. Con il piede sinistro l’operatore spinge l’iliaco sinistro del paziente, bloccato in posteriorizzazione, in antiversione. Il paziente, con la spinta in avanti del tallone sinistro e del tronco, aiuta il terapista nella difficile correzione globale della postura.

 

 

Approfondimento
Le mani del terapista sul torace fanno sentire il gibbo favoriscono la presenza mentale su una parte del corpo dimenticata, non percepita, e pertanto divenuta sede di una grave deviazione che bisogna vincere grazie anche alla partecipazione attiva del paziente. Durante la correzione il paziente pensa alla realizzazione della rettilineità perduta. Questa partecipazione attiva del paziente è molto importante perché tutte le correzioni che non sono corticalizzate sono illusorie. Inoltre la manovra modellante stira la pelle e il tessuto connettivo sottostante agendo come un “massaggio connettivale-riflesso”, molto efficace per ottenere rilassamenti profondi. Comunque questo massaggio riflesso viene utilizzato anche per comunicare con il corpo e per dargli dei messaggi riflessi che stimolano dei meccanismi di normalizzazione. Il corpo, divenuto sensibile e ricettivo, viene “accordato” dalle mani del mézièrista esperto, che “ascolta” la sua espressione somatica cancellandone le note stonate.

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Non possediamo realmente se non quello che abbiamo dato. 

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Schemi posturali scorretti

Tutti i nostri dismorfismi sono determinati da retrazioni delle catene muscolari che a seconda di come si accorciano determinano forme diverse. Passiamo ora in rassegna alcuni tra gli schemi posturali scorretti più frequenti, ricordando comunque che sono dei modelli standardizzati, utili solo per fini didattici. In realtà non c’è un dismorfismo uguale all’altro, ognuno presenta infinite varianti e sfumature che lo rendono unico per il trattamento correttivo da impostare.

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Schema Posturale N.1

 

Il paziente presenta un evidente “genum procurvatum” da accorciamento selettivo degli ischiotibiali. A questo può associarsi un cavismo/piattismo plantare (dipende dalla rotazione del ginocchio) con un 1° dito in valgo ed un 5° in varo la cui gravità è sempre variabile in base all’accorciamento delle catene muscolari e non all’età come spesso si pensa, anche se è vero che il fattore tempo peggiora il decorso di uno squilibrio posturale esistente. A livello vertebrale è visibile un’ iperlordosi bassa con ampia curva cifotica dorsale di compenso. Questo altera: 1. la posizione della scapolo-toracica con conseguente conflitto prematuro a livello dell’articolazione gleno – omerale. 2. l’arto superiore si porta in rotazione interna contribuendo al peggioramento della sindrome da impingement, l’avambraccio e la mano soffriranno progressivamente di questa posizione obbligata di lavoro: gomito in flessione avambraccio in pronazione [Tutte le terapie strumentali come la diadinamica, il laser, la ionoforesi, pur attenuando il dolore (effetto) non risolveranno la causa che è puramente posturale]. 3. Il torace si porta in chiusura espiratoria con conseguenti problemi sulla compliance toracica. Infine il capo si porterà in antepulsione estrema aumentando la possibilità di ernie discali posteriori.

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Schema Posturale N.2

Il paziente presenta un evidente “genum recurvatum” da accorciamento selettivo del quadricipite e del soleo. A questo può associarsi un cavismo/piattismo plantare (dipende dalla rotazione del ginocchio) con un 1° dito in valgo ed un 5° in varo. Nelle donne il recurvatum viene peggiorato dall’utilizzo di calzature con tacchi troppo alti che promuovono un accorciamento del soleo e deformano le volte plantari (basti pensare che un tacco di soli 6 cm scarica il 75% del peso corporeo sull’ avampiede facendo cedere progressivamente la volta trasversale anteriore la cui forma naturale ad arco serve a distribuire in modo armonico e ammortizzato il peso del corpo sull’avampiede, il quale in condizioni fisiologiche, ne sopporta solo il 25%). A livello vertebrale è visibile una marcata antepulsione del bacino per un notevole accorciamento della massa sacro-lombare posteriore. Questa compressione sempre presente a livello posteriore favorisce la degenerazione prematura del disco e delle faccette articolari, fino a quadri non rari di Baastrup Sindrome. La curva cifotica di compenso nella regione dorsale alta a sua volta favorisce un antepulsione ed estensione del capo. Anche in questo caso dunque, la forza di gravità, che agisce sempre perpendicolare al terreno, giocherà un ruolo sfavorevole nel decorso dello squilibrio posturale accentuando progressivamente le curve di compenso.

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Aforismi mezieres

LA LORDOSI E’ ALL’ORIGINE DI TUTTE LE DEFORMAZIONI

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Fabio, Sport Masseur
Mezieres - Evaluation scientifique
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Un seul essai testant l’efficacité de la méthode Mézières (Mezieres – Evaluation scientifique) semble indexé dans la base de donnée de la Medline8. Cette étude-pilote incluait 20 patientes souffrant defibromyalgie divisées en deux groupes. Un groupe suivait pendant 12 semaines à raison d’une heure trente par semaine des séances de kinésiothérapie et d’étirements musculaires actifs, l’autre à la même fréquence et pendant la même durée des séances de physiothérapie selon la méthode Mézières. La sévérité de la maladie a diminué entre le début des séances et leur fin alors que la souplesse des patientes a augmenté, mais il n’y a pas de différence entre les deux groupes. Il n’est pas possible de savoir si l’amélioration des patientes n’est pas dû à l’évolution naturelle de la maladie ou à d’autres facteurs et donc de distinguer l’efficacité propre des méthodes proposées.

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Fabio, Sport Masseur
Mezieres et la technique therapeutique
la méthode Mézières - Groupe Officiel
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Mezieres et la technique thérapeutique

<META NAME=”Mézières, santé, sport, bien etre, vie, posture, yoga” CONTENT=”Mézières et la technique thérapeutique, les chasses, Les deux catégories de manœuvres“>
Afin de remédier au raccourcissement des chaînes, Mézières propose un ensemble de postures réalisées sur une respiration spécifique. Les postures sont actives. Même si le thérapeute participe, il ne fait qu’aider, guider le travail du patient. Il est l’œil et la main. Il est indispensable.

Mezieres et la technique thérapeutique

La chasse aux compensations

Le principe des postures : Mézières le nomme « contraction isométrique excentrique ». Il consiste à positionner la chaîne visée dans la position la plus étirée possible, à solliciter sa contraction sans autoriser le raccourcissement. La chaîne se contracte, essaie de rapprocher ses insertions, n’y arrive pas et donc, s’allonge. Ce principe n’est pas sans rappeler celui de Mitchell aux États-Unis au début du xxe siècle. Ce travail, inconfortable, provoque des réactions de défense que Mézières appelle « compensations ». Le thérapeute se doit de les neutraliser. Mézières cautionne le raccourci qui consiste à résumer sa méthode comme « une longue chasse aux compensations ».

 

« Il n’y a pas de mauvaise respiration, il n’y a que des respirations gênées »

Une respiration spécifique, découlant de la 6° loi, accompagne ce travail. Elle est basée sur le temps expiratoire. Elle est libre (sans frein et donc silencieuse), régulière et profonde. On ne peut pas dire qu’elle soit spécialement abdominale ou thoracique, car elle est adaptée à chaque patient. Aux yeux de Mézières, il est impossible de rééduquer une respiration incorrecte sans en changer les paramètres mécaniques : « Une respiration ne se rééduque pas, elle se libère. »

 

Les deux catégories de manœuvres

a) celles qui corrigent d’emblée un dysmorphisme donné
b) celles qui aggravent d’emblée un dysmorphisme donné.

 

Elle privilégie cette deuxième catégorie qu’elle déclare « très efficace ». Si le premier temps d’une posture aggravante consiste à péjorer une déformation, il va sans dire que, dans un deuxième temps, les choses doivent rentrer dans l’ordre. On touche du doigt la responsabilité du thérapeute et l’on comprend l’exigence de compétence de cette femme pour ses élèves.

 

Le traitement

Les séances sont longues (approximativement une heure), individuelles (il est bien entendu impossible pour un thérapeute de gérer plusieurs séances en même temps) et manuelles (aucun appareillage n’est utilisé). Elles sont pratiquées par des praticiens experts qui, dans l’esprit de Mézières, ont une pratique exclusive. Le rythme des séances (une par semaine) peut surprendre, surtout quand on sait qu’aucun travail à la maison n’est demandé.

 

http://www.corsimetodomezieres.it/
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Avr
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Fabio, Sport Masseur
La methode Mezieres - Postulat pathogénique
la méthode Mézières - Groupe Officiel
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La méthode Mézières – Postulat pathogénique

Elle explique les déformations et les dysfonctions par le raccourcissement perpétuel d’ensembles qu’elle appelle « chaînes musculaires ». Elle définit les chaînes musculaires comme étant des ensembles de muscles polyarticulaires (qui enjambent plusieurs articulations), de même directions et dont les insertions se recouvrent à la manière des tuiles sur un toit. Elle décrit quatre chaînes musculaires : la chaîne postérieure (de l’arrière du crâne jusqu’aux bouts des orteils), la chaîne antéro-intérieure (à l’intérieur du ventre : diaphragme et psoas), la chaîne brachiale (de la face antérieure de l’épaule jusqu’au bout des doigts) et la chaîne antérieure du cou (trois muscles sur la face antérieure des vertèbres cervicales). En permanente rétraction, ces chaînes obligent le corps à se tordre dans les trois plans de l’espace, l’éloignant ainsi de sa forme normale. Ces déformations, en s‘aggravant génèrent des douleurs et des dysfonctionnements. Cette hypothèse de travail change radicalement de kinésithérapie classique : Il n’est plus question de faiblesse, mais de raccourcissement. Les morphotypes ne sont que des déformations dues à la rétraction des chaînes. Leur étirement est censé restaurer la morphologie normale et, par là, rétablir la fonction et supprimer les douleurs.

 

La méthode Mézières - Postulat pathogénique

 

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31
Fabio, Sport Masseur
Mezieres - Déformation et forme normale
La metode Mezieres
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Mezieres – Déformation et forme normale

Mezieres - Déformation et forme normale

la forme parfaite

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Parler de déformation, comme le fait Mézières, implique de facto le postulat de l’existence d’une forme normale. Au lendemain de la Shoah, ce concept n’est pas politiquement correct, il est choquant. La médecine physique décrit des « morphotypes » irréversibles : les longilignes, les brévilignes, etc. À chacune de ces typologies, elle attribue une discipline sportive préférentielle : course et saut pour les longilignes, haltérophilie pour les brévilignes.

Mézières s’inscrit en faux et il s’agit là d’un élément fondamental, basique de son message. Elle écrit : « Si on fait les roues circulaires, c’est que ça ne marche pas quand elles sont carrées » Et de décrire UNE forme humaine parfaite, un modèle virtuel qu’elle appelle parangon. Elle fait la différence entre perfection morphologique, par essence absolue, qui va de pair avec une fonction optimale ; et la beauté subjective, relative et variable d’une personne à l’autre, d’une culture à l’autre.

« Le joli est l’ennemi du beau. »

Ce polyathlète de rêve qu’elle décrit serait possible s’il n’y avait le raccourcissement systématique des chaînes musculaires. Nous serions tous « beaux et parfaits ».

LE PARANGON « Or, si les mesures et les calculs sont fastidieux et sources d’erreurs, nous disposons tous de moyens bien simples et naturels, nous avons tous des yeux et aussi le sens inné de la beauté (bien que les modes absurdes faussent le goût). De même l’oreille discerne les notes justes et les notes fausses, de même l’œil doit reconnaître la forme saine et le dysmorphisme. Et l’on vérifie aisément en examinant le malade que : de face, les clavicules, les épaules, les mamelons, les espaces brachiothoraciques doivent être symétriques et de même niveau ; les contours latéraux du thorax doivent être rectilignes et diverger depuis les crêtes iliaques jusqu’au pli de l’aisselle ; De dos, la nuque doit être longue et pleine (et non montrer deux saillies verticales séparant trois gouttières). Outre la symétrie des épaules, des hanches et des omoplates, celles-ci ne doivent accuser aucun relief et le faisceau inférieur du trapèze doit apparaître (chez un sujet non adipeux) jusqu’à la douzième dorsale ; En position de flexion avant, la tête pendante, l’épine dorsale doit être en convexité totale et régulière et l’aplomb des genoux se situer sur les têtes astragaliennes (et non reculer à l’arrière des talons) ; De profil, la pointe du mamelon doit être le point le plus avancé, au-dessous duquel le contour antérieur du thorax et de l’abdomen doit être rectiligne jusqu’au pubis. Le contour du dos doit être visible, le bras séparant 1/3 du thorax en arrière et 2/3 en avant. Les membres inférieurs, examinés de face, les pieds étant réunis du talon au bout du premier orteil (station qui doit toujours être aisée) ; doivent se toucher : le haut des cuisses, les genoux, les mollets et les malléoles internes ; celles-ci doivent être plus hautes que les malléoles externes. L’axe de la jambe doit passer par le milieu du genou, le milieu de la ligne intermalléolaire et le deuxième orteil. Le pied doit s’élargir du talon au bout des orteils qui doivent diverger et s’étendre au sol. Les bords latéraux du pied doivent être rectilignes, l’interne encoché par la voûte interne qui doit être visible7. »

Ce parangon devient le guide et l’objectif de toute sa méthode : si les déformations sont à l’origine de nos douleurs, seule une méthode capable de restaurer la morphologie normale prend réellement le problème à sa source, pense-t-elle. Si la déformation évolue spontanément, et toute la vie durant, vers l’aggravation, c’est qu’elle n’est pas immuable, figée. Et donc il est possible, à condition d’utiliser les bons outils, de ramener le patient « polydéformé » vers le polyathlète. Et ce, même si ça prend des années, même si on n’atteint jamais la perfection visée. La laideur n’est jamais « normale » et il n’est jamais trop tard. Les « typologies » décrites par la kinésithérapie classique (et par nombre de ses anciens élèves) ne sont, pour Françoise Mézières, que des déformations fréquemment rencontrées, répertoriées. Elles sont acceptées, à tort, comme normales, parce qu’on les croit innées (ce qui est inexact). Les typologies sont l’antithèse même du message de Mézières. Selon elle, l’adhésion à ce lieu commun condamnerait les thérapeutes à un rustinage perpétuel. Par ailleurs, les connotations subliminaires qui en découlent sont, à l’évidence bien plus délétères que le concept de parangon. Elle est consternée de voir certains de ses élèves s’aventurer dans la systématisation de correspondances douteuses entre les « typologies morphologiques » et certaines caractéristiques psychiques ? Elle leur ferme sa porte.

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Fabio, Sport Masseur
Mezieres - Corollaires
bodybuilding, La metode Mezieres
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Mezieres – Corollaires
La statique, la manière dont on se tient, est une fonction semi-automatique :
on peut intervenir par la volonté, mais seulement pendant qu’on y pense.
Dès que l’on pense à autre chose, c’est l’habitus qui reprend le dessus, lequel est géré par des zones « inconscientes » du cerveau.
La kinésithérapie postule qu’à l’issue d’un conditionnement efficace, le pli de l’effort salutaire serait pris et la statique corrigée.
Mézières est catégorique : nous n’avons pas de muscles capables de nous détordre, de nous détasser, de nous délordoser et à fortiori de nous grandir. Par la volonté, nous ne pouvons que déplacer transitoirement les déformations. Dès l’arrêt de l’effort, elles reviennent à leur lieu de prédilection. Plus fortes encore. Pour cette iconoclaste, il est dérisoire de tenter d’éduquer à se tenir mieux : il n’y a aucun muscle pour le faire.
« On se tient comme nos muscles nous mettent », dit-elle. La seule chose à faire, la seule démarche pertinente consiste à tenter de réduire la tension dans les « haubans musculaires » car c’est leur tension, et non la pesanteur, qui nous déforme et nous fait souffrir. Ceci ne peut se faire tout seul.
L’éducation, la prise de conscience et les injonctions parentales ne sont d’aucun effet. Seule une rééducation bien conduite peut, progressivement, avoir un effet favorable sur la statique, sans même que le sujet ne soit obligé d’y penser au quotidien.
Mezieres - Corollairesde comme ci à comme ça.

 

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Fabio, Sport Masseur
Mezieres, lois et observations
La metode Mezieres
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Mezieres, lois et observations

« Lorsqu’un fastueux matin de printemps 1947, nous vîmes entrer dans notre cabinet une patiente présentant une superbe “cyphose”, nous étions bien loin de nous douter que notre profession et le sort de légion de malades allaient être changés. Il s’agissait d’un sujet longiligne, très grande et maigre. Un corset de cuir et fer avait causé, non l’enraiement attendu des progrès, décidément inexorables, de son mal, mais des ecchymoses sur les hanches et autour des épaules, et encore sept vertèbres étaient à vif ainsi que l’angle inférieur des omoplates. Mais la malade ne s’en plaignait pas et elle venait parce qu’elle ne pouvait plus lever les bras ni travailler. Nous essayâmes, naturellement, les exercices de ” redressement ” et le travail des dorsaux en vue de fortifier les ” extenseurs ” du dos, mais la raideur était telle que rien n’était possible. Étendant alors notre malade à terre, en décubitus dorsal, nous appuyâmes sur les épaules et nous vîmes, à notre stupéfaction, se produire une énorme lordose lombaire alors que, examinée debout, la malade ne présentait absolument qu’une cyphose dorsale. Pour éviter d’ajouter un mal à celui qui existait déjà, nous basculâmes le bassin en arrière en amenant les genoux sur l’abdomen et, à notre nouvelle stupeur, nous vîmes l’hyperlordose lombaire ainsi effacée se reporter à la nuque, la tête se renversant en arrière sans qu’il fût possible de ramener le menton près du cou»

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« La porte sur la vérité était, devant nous, grande ouverte mais nous refusions de nous y engager et, doutant de nos yeux, nous renouvelâmes plusieurs fois l’expérience et, finalement, devant une consœur »

« Notre observation princeps était si inattendue, les faits constatés si surprenants pour un praticien pétri de théories orthodoxes, si admiratif envers ses maîtres qu’il tenait, jusque-là, pour de vrais savants, qu’il n’en voulut pas croire ses yeux. Mais l’insolente vérité était si évidente qu’il chercha alors, désespérément, à y voir une exception qui aurait confirmé la sacro-sainte règle. Il fallut se résigner au sacrilège et reconsidérer les bases de l’orthodoxie. Restait à dégager les lois de cette physiologie absolument méconnue, en découvrir les mécanismes. Alors succédèrent aux affres de l’apostasie les délices de l’hérésie. C’est en effet une ineffable joie que de vérifier à chaque instant, et de mille façons, le bien-fondé d’une théorie, telle qu’elle explique lumineusement les causes de tous les dysmorphismes et sur quoi peut être édifiée une technique à coup sûr curative. »

Dans les années qui suivent, elle vérifie que son observation princeps a valeur scientifique, c’est-à-dire qu’elle se reproduit immanquablement dans les mêmes conditions d’expérimentation. Aucune étude scientifique n’est cependant parue sur le sujet. En 1949, elle publie « Révolution en gymnastique orthopédique », un article fondateur qui reçoit un accueil mitigé, pour ne pas dire franchement hostile, de la part du monde médical français. Elle quitte la rue Cujas et s’installe en libéral pour mettre en pratique ses principes et continuer sa recherche. Ce n’est que bien plus tard, en 1984, qu’elle énoncera les 6 lois qui expliquent les phénomènes observés lors de l’observation princeps de 1947. Elle élabore une méthode qui, bien que balbutiante, est déjà à ses yeux, plus efficace que les techniques classiques qu’elle enseignait elle-même peu de temps auparavant. Faute de mieux, elle donne son propre nom à sa méthode naissante.

Mezieres, lois et observations

Les lois fondamentales

  • Première loi : Les nombreux muscles postérieurs se comportent comme un seul et même muscle ;
  • deuxième loi : les muscles des chaînes sont trop forts et trop courts ;
  • troisième loi : toute action localisée, aussi bien élongation que raccourcissement, provoque instantanément le raccourcissement de l’ensemble du système ;
  • quatrième loi : Toute opposition à ce raccourcissement provoque instantanément des latéro-flexions et des rotations du rachis et des membres ;
  • cinquième loi : la rotation des membres due à l’hypertonie des chaînes s’effectue toujours en dedans ;
  • sixième loi : toute élongation, détorsion, douleur, tout effort implique instantanément le blocage respiratoire en inspiration.
Explication des lois fondamentales
De l’analytique à l’intégral

La médecine et la kinésithérapie assimilent la colonne vertébrale à un mât de navire avec ses haubans, représentés par les muscles. Selon ce modèle : si le mât n’est pas d’équerre, il faut retendre les haubans. C’est le socle conceptuel de la gymnastique médicale classique que Mézières considère comme une doctrine. Pour elle, ce modèle est erroné.

1er:

Elle invite à considérer l’individu comme écrasé par sa propre force, ses propres haubans, trop courts. Bien que nombreux, les muscles de l’arrière du corps (les haubans) se comportent comme un seul et même muscle, tendu du crâne jusqu’au bout des orteils et des doigts. Pour elle, le modèle de la poupée sur lequel est fondé toute la kinésithérapie moderne est inadapté. Sur une poupée, on peut faire bouger indépendamment un membre ou un autre, sans répercussion sur le reste du corps. Ce n’est pas ce que l’on constate sur le corps humain. C’est le modèle de la poupée que la première loi bat en brèche. Mézières le remplace par le modèle du pantin dans lequel un système de ficelles relie les membres entre eux et aussi au tronc.

2eme:

La deuxième loi indique que ladite ficelle est loin d’être trop faible ou détendue. Elle est trop courte et trop forte. Et donc, il n’est pas possible de mobiliser un segment sans que l’ensemble du système soit impliqué. C’est l’apparition de la notion d’intégralité. On ne peut plus prétendre soigner une partie sans prendre le tout en considération.

3eme:

La troisième loi exprime la condamnation du principe analytique, chère à la kinésithérapie. Mézières n’y voit qu’une dérisoire tentative de saucissonnage du corps.

De l’hypothétique faiblesse au vrai raccourcissement

4eme:

La quatrième loi propose une explication pour les déformations tridimensionnelles comme la fameuse scoliose idiopathique. Elle serait due, non pas à une faiblesse des muscles érecteurs rachidiens (qui pour elle n’existent pas !), mais à un raccourcissement des muscles qui sous-tendent la colonne vertébrale, la vrillant de ce fait à la manière d’un escalier en colimaçon.

5eme:

Quant à la cinquième loi, elle intègre les membres au processus général de déformation.

6eme:

La sixième loi met l’accent sur l’importance de la respiration pendant les séances de rééducation.

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