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Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi; E’ da tempo noto come un’attività fisica eccessiva sia strettamente correlata a notevoli effetti negativi, con ripercussioni a volte anche gravi su tutto l’organismo. Molteplici studi hanno evidenziato, invece, come un esercizio fisico adeguato produca rilevanti effetti benefici a livello di vari organi e apparati, quali l’apparato cardio-vascolare, muscolo-scheletrico e gastro-intestinale.
Di seguito verranno analizzati gli effetti negativi e positivi.
Esercizio fisico nella donna: effetti positivi o negativi
Effetti negativi
Gli effetti negativi dell’esercizio fisico possono esplicarsi mediante meccanismi inversi che, spesso, si confondono e si sovrappongono tra loro. Tali meccanismi sono rappresentati dalla perdita di peso esercizio-indotta e/o dallo stress metabolico che lo stesso esercizio fisico induce. Questi meccanismi si presentano clinicamente con il quadro clinico dell’amenorrea, cioè con l’assenza di mestruazione spontanee per almeno 3 mesi.
Esercizio Fisico nella donna: effetti positivi e negativi sulla funzione riproduttiva
Quando ciò si verifica si parla classicamente di “amenorrea delle atlete”. Le amenorree delle atlete possono essere classificate in “amenorree primitive”, ovvero quando la donna non presenta la comparsa del menarca (prima mestruazione), e secondarie, nel caso in cui la mestruazione scompaia dopo un periodo più o meno lungo di flussi mestruali spontanei. “L’amenorrea da esercizio fisico”, assieme all’amenorrea da disturbi alimentari (come da bulimia e da anoressia nervosa) fa parte delle amenorree ipotalamiche funzionali. Quest’ultime vanno differenziate dalle amenorree ipotalamiche da causa organica, che comprendono quelle secondarie a patologia tumorale, ischemica o flogistica.
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Chi è a rischio
I soggetti particolarmente a rischio per amenorrea da eccessivo esercizio fisico sono soprattutto coloro i quali esercitano sport come nuoto, fitness, danza classica, maratona (…) In queste donne l’amenorrea è dovuta innanzitutto alla riduzione del peso corporeo e all’assenza quasi totale di massa grassa; tali condizioni vengono aggravate, inoltre, dalla riduzione degli introiti calorici da parte degli stessi soggetti.
Un altro importante meccanismo responsabile dell’amenorrea dell’atleta è quello dello stress neuro-endocrino, con conseguente aumento del tono inibitorio sull’ipotalamo da parte dell’ossitocina, serotonina e melatonina, quindi con ridotta secrezione di GnRH.
Il quadro ormonale delle amenorree delle atlete, come quelle delle amenorree ipotalamiche funzionali in genere, appare caratterizzato da un sovvertimento della normale organizzazione ipotalamica, che induce un deficit di funzione dell’asse ipofisi-ovaio.
L’esercizio fisico eccessivo, infatti, viene inteso dall’organismo come una condizione di stress, che influenza la secrezione di modulatori neuro-endocrini con alterazioni importanti sulla liberazione di numerosi fattori, inducendo un ipogonadismo ipogonadotropo.
In particolare, si osserva una riduzione dei livelli di gonadotropine, un aumento dei livelli di prolattina, di GH, di ACTH, dei glucocorticoidi e delle endorfine; si ha, inoltre e in special modo, uno stato di ipoestrogenismo profondo, per scarsa funzionalità ovarica, con ripercussioni importanti sul metabolismo osseo.
I livelli di androgeni liberi sono aumentati in seguito alla condizione di deficit estrogenico e riduzione dei livelli di SHBG. I livelli di TSH, T3 e T4 sono diminuiti. Inoltre, questi soggetti presentano bassi livelli di leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo, che si presenta diminuito per la riduzione della massa grassa. Il perdurare della condizione di stress, infine, comporta l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e conseguenti alti livelli di cortisolo.
Nelle donne con assenza del ciclo mestruale da almeno 3 mesi, dato rilevato dall’accurata anamnesi condotta dallo specialista, bisognerà innanzitutto valutare i livelli di FSH ed estradiolo, per differenziare tra ipogonadismo ipogonadotropo ed ipergonadotropo; nel caso dell’amenorrea delle atlete si avrà uno stato di ipogonadotropismo. Per escludere una condizione di ipotiroidismo o di iperprolattinemia, sarà necessario procedere alla valutazione degli ormoni tiroidei e della prolattina.
(attenzione: le informazioni scientifiche qui di seguito riportate sono da intendersi a solo scopo divulgativo ed informativo)
A questo punto dell’iter diagnostico è indispensabile stabilire se si tratta di un’amenorrea correlata a disfunzioni ipotalamiche oppure ipofisarie. A tale scopo si effettuerà il test di GnRH, con somministrazione in bolo unico o in microinfusione. Nel caso dell’infusione in bolo unico, si infonde il GnRH per endovena alla dose di 100 ug, valutando la risposta delle gonadotropine tramite prelievi ematici eseguiti a distanza di 15 minuti l’uno dall’altro, per 2 ore. Nei soggetti normali i livelli di LH si innalzeranno ai valori massimi a circa 30 minuti dall’inizio del test; i livelli di FSH saranno anch’essi elevati, sebbene in maniera meno marcata rispetto a quelli dell’LH.
Nel test al GnRH in microinfusione, invece, il GnRH viene somministrato alla dosi di 0,2-0,4 ug/min per 3 ore in endovena, con valutazione della risposta gonadotropinica ogni 15 minuti. Nel caso in cui si osservi assenza di risposta di LH e FSH al test, l’ipogonadismo sarà da ricondurre ad un deficit ipofisario, mentre, nel caso dell’amenorrea delle atlete la risposta al test risulterà normale, trattandosi di patogenesi ipotalamica. Per individuare se l’amenorrea ipotalamica è di tipo funzionale, come quella da esercizio fisico eccessivo, sarà necessario escludere, tramite esami strumentali, possibili cause organiche centrali.
Come ultimo step diagnostico si effettuerà il test al naloxone. Il naloxone è un antagonista selettivo dei peptidi oppioidi, e viene somministrato in endovena in bolo unico alla dose di 2 mg, con determinazione dei livelli di LH ogni 15 minuti per 2 ore. Nelle donne con amenorrea ipotalamica la somministrazione di naloxone comporterà un aumento dei livelli di LH, ma non il picco caratteristico che, invece, si riscontra nei soggetti normali.
L’approccio terapeutico si avvale innanzitutto della rimozione della causa che ha indotto l’alterazione; è quindi necessario consigliare alle donne una riduzione dell’attività fisica, assieme ad un recupero del peso corporeo accompagnato da una dieta bilanciata. Tale approccio consente, nella maggior parte dei casi, la risoluzione del problema.
Visto il ruolo chiave svolto nelle amenorree ipotalamiche da parte degli oppioidi endogeni, è consigliabile la somministrazione per os di naloxone, per 3-6 mesi alla dose di 50 mg/die; solitamente i risultati di tale approccio sono buoni, soprattutto nelle donne che avevano mostrato, nel corso di accertamento diagnostico, una risposta positiva al test al naloxone.
A scopo terapeutico potrebbe essere utilizzato il GnRH pulsatile, somministrato a mezzo di pompe di infusione; in realtà tale approccio viene riservato alle donne desiderose di gravidanza al fine di provocare il picco LH per indurre l’ovulazione.
L’utilizzo dei contraccettivi orali, se da un lato ha il vantaggio di favorire la comparsa di un sanguinamento similmestruale nella paziente con amenorrea da eccessivo esercizio fisico, dall’altro potrebbe indurre nella paziente stessa l’erronea convinzione di un’avvenuta guarigione, distogliendo la sua già scarsa attenzione sul suo stato di salute.
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